[Rating : NC17] 東方絶望火天から ~ SET THE WORLD AFIRE [vol. 1]
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Re: [Rating : NC17] 東方絶望火天から ~ SET THE WORLD AFIRE
Solo una dritta.... visto che a questo punto stai facendo una vera e propria parodia (di una parodia)... non ti converebbe creare un topic interamente dedicato a questo tuo lavoro? Senza "intasare" la fic di Randy?
Comunque per la storia della collaborazione, tieniti pronto che non me ne sono dimenticato!
Appena avrò un pò di tempo.... ZUN!!!
Così come Cerbero in passato, il cui solo sguardo raggelava il sangue...
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Re: [Rating : NC17] 東方絶望火天から ~ SET THE WORLD AFIRE
In ogni caso, ora che sto procedendo molto speditamente con la parodia mi sembra effettivamente di invadere un po' troppo lo spazio che di diritto è di Randy, quindi accetto suggerimenti sulla sezione più adatta alle strip
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Re: [Rating : NC17] 東方絶望火天から ~ SET THE WORLD AFIRE
Mi ci è voluto parecchio per trovarlo ma ho visto che il mio lavoro di walfas, "The Most Secret Secret of the Gensokyo's Secret" (Dio quanto mi piace il titolo! XDD) è stato spostato là dopo il rinnovo del forum!
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Re: [Rating : NC17] 東方絶望火天から ~ SET THE WORLD AFIRE
Col permesso di Randy posterò un'ultima strip qui prima di "spostare" tutte le altre sull'apposito thread, thread di cui ovviamente posterò qui il link.
P.S. Sono pronto a collaborare, fammi un fischio quando puoi!
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Re: [Rating : NC17] 東方絶望火天から ~ SET THE WORLD AFIRE
...in questo thread.
Per lasciare più spazio alla vera e propria fic sposterò la mia attività di parodia nel Laboratorio di Tewi, così darò modo a Randy di continuare a scrivere, discutere e promuovere la sua fic nel suo thread senza troppe interferenze, e a voi di commentare entrambe le "facce" della fic in modo un po' meno confusionario.
Il link al mio thread è QUESTO, accorrete numerosi... ma se volete restate qui, la fic è strabella e deve continuare
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Re: [Rating : NC17] 東方絶望火天から ~ SET THE WORLD AFIRE
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Re: [Rating : NC17] 東方絶望火天から ~ SET THE WORLD AFIRE
Buona lettura, e poi di corsa a leggere le strip di marukyuu (se le ha fatte xD).
Ricordatevi del disclaimer.
Sto lavorando ad una edizione "book" della mia fanfic, con tanto di copertina. Ogni episodio sarà raccolto in un unico formato .pdf accessibile a tutti. Il book conterrà anche le striscie di marukyuu. ^^
============
= CAPITOLO II =
============
Fra tutte le cose sulle quali si potevano posare gli occhi al Villaggio Umano, la Statua del Drago si stagliava da tutto il resto. Ce n’erano anche di ben più curiose ed ognuna di esse aveva una storia tutta particolare; la statua di pietra, il cui titolo completo era “Statua dell’Ultimo Drago di Gensokyo”, aveva però una forza attrattiva tutta sua, tale da diventare l’oggetto dell’attenzione anche del passante più di fretta in pochissimo tempo.
Il drago aveva la testa schiacciata e spalancava la sua bocca contro l’entrata della scuola di Gensokyo. Mostrava con fierezza i suoi denti aguzzi, la sua lingua una virgola in un grido di guerra. La bestia possedeva dei tratti tipicamente orientali: il pizzetto caprino, biforcuto e lanoso, si sviluppava dal mento allungato; dall’attaccatura di esso partiva una barba palmata, le cui asperità costeggiavano le sue mandibole per poi estendersi lungo i contorni della creatura, circumnavigandola senza soluzione di continuità. Lunghissimi baffi simili ad antenne, dall’attaccatura delle narici, schizzavano paralleli all’indietro, mentre sul corpo si distinguevano, ancora nitidamente, squame triangolari a punta tonda. Era sorprendente quanto le scaglie fossero così precisamente scalfite nella roccia, con quei solchi ben scanalati, quasi ad arte, sul tubulo corporeo.
Il mostro aveva un aspetto feroce e minaccioso, aiutato dalla presenza di due corna. Aggrottava le sue ciglia barbute, arricciate a mo’ di mustacchi, contro un nemico invisibile. Se ne stava fermo, avvolto nelle sue spire, in una posizione a metà tra la guardia e l’attacco, il collo già schizzato in avanti e prossimo ad azzannare. La coda, dalle piume piccole come le zampe di una scolopendra, spuntava fuori delle spire ben ritta verso l’alto. In prossimità del corpo raccolto stavano due braccia, i cui tre artigli stringevano, avidamente, una grossa pietra dalla forma vagamente sferica.
Uno sparuto muschio color quadrifoglio ed un colore rossastro sulla pelle di roccia restituivano l’impressione – meglio dire un inquietante sospetto – che il drago fosse bloccato da secoli, come per magia, in quell’attimo precedente al termine del suo attacco mortale. Era fermo, rigido e fisso su una distesa di ghiaia, ma quell’ultima spira prossima allo srotolamento, quella bocca non completamente aperta, in quelle dita orribili in tensione su qualcosa di tanto agognato, che avrebbe difeso con parte del suo corpo; quelle, ed altre cose, erano la dimostrazione di una energia devastante, una dinamicità detonante che la pietra conteneva a malapena.
Era un memento di qualcosa di fenomenale, vissuto tempo addietro come il re dei cieli.
Era un’effigie che subiva immobile le chiappe di Suwako, in gesto di disprezzo e scherno.
– SUWAKO!
Sanae bacchettò in testa alla dea infantile, la quale si massaggiò in fretta la parte colpita. – Sei crudele! –, si lamentò la dea, mentre rimise all’altezza della vita la parte inferiore della sua veste. – Mi stavo solo divertendo!
– Mi dispiace davvero, lady Suwako, ma Vi stavate comportando davvero male…
– Comportarmi male? Io stavo soltanto dando a questa pietraccia ciò che si merita!
– Non è il caso di farlo! E se poi qualcuno lo facesse a Voi? Non Vi seccherebbe trovarvi tra i glutei di qualcuno che vi odia?
– Io no –, rispose la Dea Rana con un’espressione assolutamente divertita, – però è divertente e lui se lo merita!
– Insomma, lady Suwako! Da più di dieci minuti state maltrattando questa bell’opera d’arte! Abbiate un po’ di rispetto!
Suwako la guardò, come punta nel vivo. – Osi forse dire che questa statua merita più rispetto di me? Una statua scolpita da un kappa, per giunta?
Sanae abbassò la testa e, molto sommessamente, rispose: – No, assolutamente.
La Dea Anfibia, allora, fece spallucce. – Deh, lascia perdere, tanto mi stavo già scocciando. Diciamo che non ho neanche visto la bacchetta che mi faceva male. Ti perdono, va bene?
La sacerdotessa dai capelli verdi rimase in silenzio ed accettò il capriccio della sua divinità. Il suo comportamento era normale: un tempo i draghi erano considerati il più alto ordine divino e tutti, perfino coloro che si mettevano in testa di sconfiggerli, li adoravano nella paura di non poterli contrastare o controllare. Era piuttosto comune trovare miniature, poemi o leggende basati su queste creature e le loro scorribande venivano viste come una giusta punizione.
Sanae avrebbe voluto insegnare a Suwako di curarsi poco di quelle storie. Avrebbe voluto dirle che, in fondo, se lei esisteva, era anche grazie a certi umani che avevano scelto qualcosa di meglio da adorare, dalla figura semplificata a quella umana, rispetto a volgarissime figure animorfe. Addossando il compito di dimenticare ogni colpa ad un grande demiurgo, l’umanità si era fatta strada nei secoli, nel bene e nel male. Avrebbe concluso il discorso dicendole che, dopotutto, non poteva esserci mondo senza la sua presenza, ma si ricordò di un piccolissimo dettaglio: lei era una dea, per quanto a tratti infantile, in carenza di fedeli. Come tale, non accettava altri potenziali simili. A volte Sanae si chiedeva chi dei due, tra Kanako e Suwako, avrebbe vinto in una gara di intolleranza.
– Mi chiedo ancora che ci faccio qui. Che noia, trovami qualcosa da fare! –, propose, o forse comandò, la Dea Anfibia, mentre mimava l’atto di scaccolare il naso alla bestia inanimata. La piccola figura, poi, si rannicchiò a terra, unendo le braccia intorno alle gambe.
– Quello che avete davanti a voi –, spiegò la sacerdotessa, – è qualcosa da fare.
– Lo so, stavo cercando di non pensarci.
– Lady Suwako, so che Vi è difficile accettarlo, ma vorrei che consideraste chi ha avanzato la richiesta.
La Dea Rana fece una pausa. – Gli umani, no?
– Più precisamente, i Vostri possibili fedeli –, incentivò Sanae.
– Potevano farlo fare a Kanako.
– Voi siete più indicata! Voi siete padrona del potere della terra, ne conoscente i suoi misteri, perciò sapreste ripristinare al meglio questa statua! Vi hanno cercata proprio perché avevano bisogno di Voi, non certo di Kanako.
È vero, Sanae stava facendo di tutto per motivare Suwako. Che non ci riuscì appieno, fu un altro discorso.
– Io… io voglio fare qualcosa di figo! –. Il frammisto di vecchio accento e slang moderno di Suwako non finiva mai di stupire Sanae. In verità, qualsiasi cosa avrebbe attirato la sua attenzione, pur di distoglierla dalle moine della piccola ranocchia umana. – Non c’è mai niente da fare! Sto sempre qui a non fare niente e quando succede qualcosa sono sempre cazzatelle assurde! Che noia, che noia, che noia! Voglio far di danmaku! E comincio anche ad avere fame…
– Fame? Ma… lady Suwako, sono appena le 8 del mattino!
– E beh? Quando mi annoio, ho fame prima.
La sacerdotessa sospirò, assecondandola. – Andrò subito a prenderVi qualcosa.
– Ecco, brava, vai e prendi. Può darsi che quando torni sarò già al lavoro.
Il volto di Suwako si riempì di sole. Sanae è una brava ragazza, pensò.
Ripensandoci lungo il viottolo acciottolato che l’avrebbe accompagnata verso l’emporio più vicino, Sanae non aveva davvero motivo di lamentarsi del comportamento di Suwako. Sapeva ricondurre il tutto ai momenti successivi all’accensione dell’Hisoutensoku. Si sarebbe aspettata – così come Kanako ed Utsuho, artefici della sua attivazione e pronto funzionamento – che il popolino del Villaggio Umano, nonché gli abitanti delle zone limitrofe che non riuscivano ancora a raggiungere, riconoscessero infine la superiorità della loro potenza divina. Una aberrazione gigantesca, costituita di un elemento lucente ma conosciuto per la sua pericolosità, incontrollato se non che da tre entità divine: quale miglior espediente per poter ottenere finalmente l’attenzione degli uomini, così semplici e vivi di memoria folkloristica?
Qualcosa, però, andò storto. I kappa, sfruttando la loro amicizia di lunga data cogli umani, spiegarono nel dettaglio quali fossero i veri prodigi di quel gigante metallico, come esso fosse costruito ed il suo funzionamento. Gli umani, dapprima impauriti, ascoltarono ammaliati: lo stavano smembrando con le parole, facevano pulsare davanti a loro parti di quel corpo orrendo e lo rendevano bello ed appetibile, riuscivano a spiegare tutto con fredda precisione, quella che solo medici od anatomisti potevano possedere. Sulle prime in pochi crederono loro, ma quanto stupore quando, nei giorni successivi, numerose repliche, di dimensioni inferiori, di quella inquietante mostruosità, stavano svolgendo i loro stessi, quotidiani lavori! Con quanto zelo riuscivano ad arare quei campi, con quanto spirito munificente si sostituivano ai loro animali da soma ed adoperavano i loro arti come attrezzi agricoli! Nel giro di poche settimane, tutti volevano almeno uno di quei gingilli tutto per sé e per Gensokyo girarono copie e copie dell’Hisoutensoku addomesticato.
Esuberantemente contenti di tutto questo, gli umani non finirono più di ringraziare i kappa per aver ripagato, ancora una volta, la fiducia che davano loro. Questi ultimi accoglievano lieti i ringraziamenti mentre sghignazzavano tra i denti: avevano finalmente screditato il potere di quegli dèi da strapazzo.
Una lenta emorragia di fedeli colpì il tempio Moriya in crisi. Suwako, colpita nelle sue fondamenta e profondamente ferita, sentì su di sé il dissenso generale, la perdita della fede e la scarsità di nuovi arrivi al tempio. Non che prima ve ne fossero molti, ma la sensazione di perdita successiva alla sconfitta ideologica amplificò la sensazione che, ben presto, anche i fedelissimi si sarebbero dimenticati di loro. La Dea Anfibia fece crescere in sé un astio nei confronti dei kappa; divenne instabile, regredì paurosamente nella mente, non passava giorno senza il più piccolo capriccio da soddisfarsi celermente, pena lo scoppio di inevitabili battaglie danmaku ed ulteriore scredito del buon nome del tempio. Qualsiasi discepolo che anche solo abbandonava momentaneamente il posto doveva sopportare lo straziante pianto della dea e, con un’inquietudine esistenziale nel cuore, si sentiva obbligato a tornare a pregarla con fede. Sanae, per un breve tempo che diventò anni, si prese la briga, suo malgrado, di fare la babysitter ad una volontà onnipotente, assecondandola in ogni sua richiesta, anche la più folle.
L’unica a non subire di tutto ciò fu l’Avatar delle Montagne e dei Laghi, Kanako Yasaka. In quel marasma di situazioni al limite della pazienza umana, laddove perfino Sanae, che tanto umana non era, annaspava a tirarsene fuori il più presto possibile, Kanako se ne stava lì, sopra tutto e tutti, guardando la sofferenza di chi non le apparteneva con occhi menefreghisti. Sanae, spesso, la richiamava all’ordine e lei, fluttuante nella sua solita posa a gambe incrociate, era solita rispondere con franchezza e la testa retta dal pugno, “Che c’è tra me e te, Sanae? Io sono qui per volere mio, io sono solo una vicaria di Suwako; io ho fatto ciò che ho fatto perché era mio obbligo nei suoi confronti. Ora che gli umani hanno deciso cosa seguire, non vedo il perché io debba aiutarla”. Detto questo, si allontanava velocemente e tornava a poca altezza dal pelo dell’acqua del lago Suwa. Da meditabonda, assumeva un’espressione di reale distacco che era il riassunto del suo comportamento da noncurante.
Così, Sanae e Suwako si ritrovarono da sole a gestire una faccenda complicatissima, più per Sanae che per Suwako: dover cominciare da zero – un’altra volta – ed accettare di tornare ai lavori più umili per loro, pur di ingraziarsi il favore e la fede di chiunque. Puntavano molto sul fattore “dea che si rimboccava le maniche e faceva il lavoro”, sperando che nessun altro avesse rubato l’idea.
Questa lunga sfilza di pensieri e ricordi accompagnò Sanae fino all’uscita dell’emporio e sulla strada del ritorno alla piazza. Guardò ciò che aveva comprato: tre vassoi neri di onigiri ed una bottiglia di sakè. Le uniche cose che Suwako riusciva a mangiare e bere, ammesso che una dea abbia bisogno di farlo o che ne senta perlomeno il gusto. L’uomo dietro il bancone aveva riconosciuto la vestale del tempio Moriya, sapeva della situazione in cui si trovava e le aveva abbuonato volentieri parte della spesa, dicendo che c’era già chi riversava nelle sue stesse condizioni e farlo pagare anche a lei sarebbe stato un vero delitto.
Il profumo di quelle polpette di riso la invitò. Senza indugiare, mise la bottiglia di liquore sotto l’ascella – il lieve tepore la fece sibilare di fastidio – e sollevò la pellicola trasparente dalle leccornie. Una soltanto, con la speranza che stavolta Suwako non fosse così schizzinosa sul numero, come accaduto in passato.
Si sporcò le labbra e le guance.
Volle pulirsi bene.
Fu allora che notò quella cosa. Quella cosa che passò troppo in fretta perché lei potesse capire cosa fosse.
Un’ombra? Non poteva essere. Sanae proveniva dal Mondo Esterno ed aveva già visto quei colori: erano i colori dell’interferenza di un canale televisivo morto. Almeno, era così che le parve di primo acchito quella macchia amorfa. D’improvviso sentì che le mancava qualcosa. Dall’odore, capì che si trattò della bottiglia di sakè, caduta a terra. Le si infuocò il viso, più per la vergogna che per il terribile piagnisteo della dea; d’istinto s’inchinò a raccogliere il misfatto. Non sia mai che una brava ragazza lasciasse le schegge a terra!
Il vento le fischiò contro, freddo. Sanae fu percorsa da un brivido ed alzò la testa. I capelli le intralciarono la vista, ma riuscì a distinguere perfettamente la porta di casa Hieda. Si rese conto che non era lì che avrebbe voluto passare e che forse era stata fin troppo sovrappensiero.
C’era un dettaglio che le incuteva una brutta sensazione: la porta di casa Hieda era aperta. Spalancata, con tutto il corridoio d’entrata ben in vista e tutto. Rustica ed antica nell’aspetto, elegante ed onorabile nel suo apparire, dall’abitazione della Storia di Gensokyo fuoriusciva qualcosa che Sanae classificò come una densa aura nera. Essa scivolava, serpeggiante, oltre l’uscio, silenziosa eppure presente come un’ossessione. La sacerdotessa si avvicinò alla porta e si chiese se fosse davvero uscito da lì quel disturbo.
La sua mente era fin troppo concentrata su quel poco che aveva intravisto e sentì il desiderio di volerne sapere di più. Si rialzò, dimentica dei pezzi di vetro a terra, e si avvicinò alla soglia. La superò. Camminava ad occhi aperti senza che questi sapessero dove puntavano. Il nero, che ora lei avvertiva distintamente all’interno della stanza, stava attaccato alle mura come l’aria stantia di una spelonca, e più gli occhi guardavano avanti e più l’aura diventava sempre più densa. Era viva – risaliva e scendeva tra soffitto e pavimento tra uno sbuffo ed una rimonta, si espandeva ai lati dei corridoi, macchiava della sua essenza gassosa ciò che sfiorava, indietreggiava ed avanzava come un respiro. Lei sentì un odore che era accozzaglia e sovrapposizione, più procedeva e più quel tanfo indescrivibile le riempiva i polmoni. Per istinto, tenne lo sguardo davanti a sé – o meglio, a ciò che pensava fosse il suo ‘davanti’.
Stava già respirando a fatica quando la cortina oscura che riempiva quella casa le dimostrò la sua pericolosità. I polmoni si gonfiarono di colpo, la vista si annebbiò – no, non era il termine esatto, era come se fosse entrata dentro le palpebre! – e provò un fortissimo senso di smarrimento. Scattò la testa in tutte le direzioni come una forsennata in preda ad una crisi epilettica, mentre l’oscurità invadeva i suoi interni. La gola si seccò in un istante. La testa le pulsò dolorosamente al ritmo del suo cuore, che già batteva impazzito, poco prima di sentire una stretta irresistibile a quest’ultimo. Sull’orlo del collasso, quella nebbia le entrò infine nelle orecchie. Stralci di conversazione, voci diverse che parlavano lingue altrettanto diverse, nell’accento e nel registro; parole che si rincorrevano tra loro, dettagli che sfuggivano, risate, urla isteriche; tutto era convulso, avulso, ognuna di esse apparteneva senza appartenersi, correva senza camminare, si torceva senza partire da una forma diritta. Una sarabanda che diventò Babele passando per Brema.
Poi, silenzio.
La nebbia non c’era più. Non c’era mai stata, forse.
C’era soltanto Sanae, ora, distesa a terra. La vista era ancora incerta, ma vide qualcosa, sopra di sé. Moltissimi cerchi neri sfocati. Quattro. Due. Un cerchio nero che pendeva sopra la sua testa.
Vide dei puntolini piccoli irregolari che cadevano sul suo volto, facendolo vibrare di un rumore sordissimo e lieve. Odore acre, come di ferro.
Qualcosa cola sullo zigomo.
Il cerchio diventa più irregolare nei contorni. Qualcosa fruscia ed ondeggia al venticello. Capelli. Una testa. Una bocca spalancata. Un occhio che guarda vacuamente gli occhi di Sanae. Un sai di dimensioni più grosse del normale occupava l’orbita dell’altro occhio.
La testa di Hieda no Akyuu pendeva dal soffitto, attaccata ad esso da quell’arma che le aveva trapassato anche il cranio. Dall’elsa il sangue si raccoglieva da grandi flussi color rubino, provenienti dal collo lacero, dalla bocca e dall’occhio, in un gocciare di stalattite di ghiaccio in procinto di sciogliersi.
Un’altra goccia di sangue cadde sull’occhio di Sanae, colorando la sua vista di rosso. La sua bocca cacciò un urlo di orrore, ma lei non riuscì a sentirselo.
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Re: [Rating : NC17] 東方絶望火天から ~ SET THE WORLD AFIRE
Sono crollato a terra dal ridere quando ho letto del popò di Suwako, bell'idea anche la transizione dall'imponente Drago all'impertinente loli
Ne voglio ancora!
(Sì, lo so, è per le strip. Ma anche perché la fic mi piace. Sul serio!)
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Re: [Rating : NC17] 東方絶望火天から ~ SET THE WORLD AFIRE
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Re: [Rating : NC17] 東方絶望火天から ~ SET THE WORLD AFIRE
A parte gli scherzi mi piace questa FF!
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Re: [Rating : NC17] 東方絶望火天から ~ SET THE WORLD AFIRE
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Io mi sono già preparato per la pioggia di danmaku...RandyFlynn ha scritto:dal IV in poi aspettatevi danmaku come se piovessero! ^^
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Re: [Rating : NC17] 東方絶望火天から ~ SET THE WORLD AFIRE
Per il reato ottimo capitolo come sempre, la parte dove Sanae scopre la testa mozzata di Akyuu è semplicemente perfetta.
Per la pioggia di danmaku son preparatissimo, qui a lecco piove quasi sempre. asd Al massimo mi faccio prestare il parasole dalla mia amata Yuuka.
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Re: [Rating : NC17] 東方絶望火天から ~ SET THE WORLD AFIRE
Yeah! *ç*ma dal IV in poi aspettatevi danmaku come se piovessero! ^^
Uhm però...
marukyuu da Kogasa.. Festasim da Yuka... e a me chi presta un ombrello? ç_ç quello di Yukari non lo voglio, e di Remilia nemmeno >_<
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Re: [Rating : NC17] 東方絶望火天から ~ SET THE WORLD AFIRE
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Re: [Rating : NC17] 東方絶望火天から ~ SET THE WORLD AFIRE
RandyFlynn ha scritto:Potresti prendere quello di Utsuho Busi xD
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Re: [Rating : NC17] 東方絶望火天から ~ SET THE WORLD AFIRE
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Re: [Rating : NC17] 東方絶望火天から ~ SET THE WORLD AFIRE
Nah, dal secondo volume seguirò una specie di "filo logico à la ZUN" sulla scelta dei personaggi, ovvero:
Vol. I: Reimu
Vol. II: Marisa
Vol. III: Sakuya/Sanae
...
ma potrei anche buttare in caciara tutto ed utilizzare immagini figherrime delle protagoniste principali di quel volume... dipende tutto da come gira.
Piuttosto, sono lieto di annunciarvi che tempo oggi o domani avrete online il terzo capitolo. E' il naturale proseguimento del secondo (no shit sherlock, direte, ma c'è un buon motivo per cui l'ho detto), perciò mi è venuto molto naturale. Considerate che già da questo prossimo capitolo si inizierà a delineare uno dei "messaggi-chiave" di questa fanfiction, che rispecchia in un certo modo ciò che penso del mondo moderno. A dire il vero già nel secondo capitolo si può intravedere questo messaggio, ma forse è necessario un bel lavoro di ragionamento sulle metafore che ho adoperato. Vorrei che voi rileggeste il secondo capitolo e ragionaste sulle due "cose" che catturano maggiormente l'attenzione - indizio: una di queste è ben dettagliata, l'altra vive nonostante non abbia forma. Vi chiedo di riflettere su come siano fatte, cosa potrebbero rappresentare e su dove si trovino. Vi accorgerete che si tratta di una bella allegoria.
Detto questo, ci vediamo al giorno del capitolo III =D
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Re: [Rating : NC17] 東方絶望火天から ~ SET THE WORLD AFIRE
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