Touhou Shanikusai: Stars & Hearts Carnival [NEW EDITION]
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Re: Touhou Shanikusai: Stars & Hearts Carnival [NEW EDITION]
Mitsuki ha il potere di Shockare gli shikigami *annota per lo spinoff*
e... *shocked*
...*shock*
...*SSSSSSSSSSSSSSSSSSSSSSSSSSSssssssssssssssssssssssssssssssssh *BOOM!* ock!*
E Reimu si ruberà gli anelli!!!!! PAY ATTENCTION!!!
e... *shocked*
...*shock*
...*SSSSSSSSSSSSSSSSSSSSSSSSSSSssssssssssssssssssssssssssssssssh *BOOM!* ock!*
E Reimu si ruberà gli anelli!!!!! PAY ATTENCTION!!!
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Re: Touhou Shanikusai: Stars & Hearts Carnival [NEW EDITION]
Stage 35 - Frammenti del Cuore
Più intravedeva il tempio, più il suo cuore tremava: i battiti aumentavano e il suo corpo si irrigidiva. Era terrorizzata e non capiva come mai dovesse esserlo, dopotutto non sarebbe cambiato nulla tra le due che sarebbero semplicemente diventate “mogli”.
Si lasciò trasportare da Hana finchè non si ritrovò nello spiazzale adiacente al tempio, guardò dinanzi a sé e l’unica cosa che riuscì ad inquadrare fu Marisa, vestita con un abito simile al suo ma meno sfarzoso e più sobrio, aveva i capelli legati in una coda di cavallo sul capo, adornata da un fiocchetto bianco.
La maga nera la stava fissando e le sorrise raggiante, sembrava tranquilla, non c’erano tracce di nervosismo nella sua espressione e aspettava con calma e tranquillità.
L’albina distolse lo sguardo e si voltò attorno: c’erano Reisen, Natsu e Mayumi da un lato, intravide anche Wriggle e Mystia dall’altro, c’erano inoltre Rinnosuke e Keine-sensei. Accanto a loro era seduta Yuyuko con Youmu, probabilmente avevano partecipato con la prospettiva di bere durante la festa che si sarebbe tenuta dopo. La tengu Aya era lì per scattare delle foto mentre accanto a Reimu, che si trovava in piedi davanti all’ingresso del tempio per svolgere la funzione, c’erano Shizuka e il lupo Sou-ten, che aveva avuto modo di conoscere durante il Reitaisai.
Si ritrovò accanto alla sua amata senza rendersene conto, si voltò verso di lei e vide il suo viso sereno.
-Siamo qui, da zé!- disse.
Era così semplice, sincera, tranquilla e serena. Marisa non aveva segreti, era ciò che aveva sempre visto e come si mostrava alla gente. La sua semplicità l’aveva coinvolta fin da subito, amava la sua libertà e il suo modo di vivere per questo l’aveva sempre ammirata.
La amava davvero.
Ma, in confronto a quella sincerità, c’era l’albina che in cuor suo aveva un segreto mai svelato. Qualcosa per cui Hana si era davvero arrabbiata, la sera prima del matrimonio, e che lei decise di tenere nascosto il più possibile per evitare che il suo rapporto andasse in fumo a causa della sua stupidità.
Ma quale rapporto era fondato sulle menzogne e sui segreti? Hana aveva ragione poiché Kagami abitava nel suo corpo, quel corpo che Marisa baciava e abbracciava inconsapevolmente.
Le stava mentendo e lo sapeva benissimo ma la paura di separarsi era troppa e non voleva dirglielo in nessun caso.
Si guardò attorno, tutti i suoi amici erano presenti, i loro visi erano curiosi e felici, anche lei sarebbe stata lì presente con un’espressione felice nel giorno del matrimonio di uno di loro.
Erano amici, dopotutto.
Ma di quegli amici solo due erano a conoscenza della verità, solo due sapevano che in realtà in Mitsuki era celata un’altra entità, che essa potesse prendere il controllo della prima o meno non era importante poiché ciò che davvero contava era che Mitsuki non era da sola in quel corpo.
Shizuka sbadigliò, sicuramente si stava annoiando. Sou-ten era indifferente, che importanza poteva avere per lui? Reimu era annoiata quanto Shizuka, probabilmente aspettava solo il termine della cerimonia per poter festeggiare con il sakè tanto atteso dalla fantasma Yuyuko, che sventolava ritmicamente il suo ventaglio osservando la cerimonia.
Marisa strinse la sua mano, percepì la sua pelle fresca e si voltò nuovamente verso di lei. La sua amata sapeva che era agitata e per questo la stava consolando. Voleva calmarla, toglierla da quell’agitazione e darle un sorriso per ciò che stava accadendo.
Mitsuki si sentì tremendamente male: la sua amata maestra era ignara di tutto ciò che stava preoccupando l’albina e credeva che fosse nervosa solamente per la cerimonia.
Non sapeva di Kagami, non sapeva di nulla, per questo le tornarono in mente le parole di due giorni prima, quando spiegò che due fidanzati dovevano prima conoscersi per un bel po’ e poi poteva sposarsi. Se Marisa stessa avesse scoperto col tempo di Kagami e con calma l’avesse accettato, adesso non sarebbe in quella situazione, conscia di star mentendo alla donna che amava nascondendole importanti particolari nel giorno del loro matrimonio.
Sentì Reimu confabulare qualcosa, la cerimonia era forse iniziata? Ma quanto le poteva importare? Dopotutto era solo una messinscena.
Era una recita messa in piedi per imbrogliare Marisa e farsi sposare nonostante ospitasse un’estranea nel suo corpo.
Si portò una mano al petto, tremante. Era ormai preda delle sue paure e delle sue forti emozioni, il rimorso l’attanagliava e continuava a stritolarla come se stesse soffocando.
-Allora Marisa, vuoi sposare Mitsuki? Sei sicura?- chiese la sacerdotessa.
-Mh… vediamo…- l’albina sentì lo sguardo di Marisa su di lei, era pensieroso. Non parlò se non qualche secondo dopo. –Ma si, dai. Sposiamocela!-
Il modo scherzoso di fare della maga nera aveva fatto sorridere un po’ tutti i presenti, sentì la risata di Natsu e Mayumi in lontananza ma l’albina non aveva riso e non ne aveva alcuna intenzione.
-Quindi vuoi diventare sua moglie e prendere lei come tua moglie?-
-Certo, o non sarei qui!- rispose.
Si chiese perché lei fosse lì, in quel momento, se era così quasi completamente divorata dalle sue paure. Sentì la voce di Reimu rivolgerle la stessa domanda e tutti attesero.
Respirò affannosamente, doveva rispondere ma dalle sue labbra non uscì alcun suono. Tremò, quasi non crollò in avanti ma venne trattenuta da Marisa che la aiutò a rimettersi in piedi.
-Tranquilla zé!- le sussurrò con voce dolce. Le accarezzò i capelli albini e sentiva i suoi occhi fissi su di lei.
Si voltò e incrociarono gli sguardi, guardò i suoi occhi ambra e la sua espressione calma chiedendosi come poteva essere in grado di fare una cosa simile alla donna che aveva sempre amato.
Singhiozzò, sentì le lacrime scorrere copiose sul suo viso e si stacco da lei, non smettendo di fissarla.
-Marisa… scusami … io devo dirti un cosa.- Marisa inarco un sopracciglio e sul tempio sembrò calare il silenzio. –Io… non avevo il coraggio di dirtelo ma… c’è una cosa che mi riguarda… che ho fatto…-
Marisa scosse il capo e si avvicinò all’albina, portando le sue mani sulle spalle.
-Mitsu, qualsiasi cosa sia è il passato. Adesso dobbiamo pensare a noi!- le disse, sorridendo.
Ma l’albina si staccò con forza, spaventata.
-No, non è così facile!- scosse il capo e si girò attorno, cercando un modo per mostrarle la verità. Quando il suo sguardo incontrò quello di Hana notò che aveva in mano uno specchietto con la cornice in legno, ed era lì, in attesa.
Lo sapeva.
Hana e Mitsuki erano cresciute assieme, si erano sempre capite, a volte litigavano ma si volevano bene.
Hana lo sapeva che Mitsuki avrebbe ceduto, che il rimorso sarebbe stato troppo grande e che si sarebbe rivelata.
Si avvicinò e le tese lo specchio, annuendo e sorridendole. Per lei, Mitsuki stava facendo la cosa giusta.
Ma cosa sarebbe successo di lì a poco? Come avrebbe reagito la sua amata?
Scrollò quei pensieri dalla mente e si voltò verso di lei. Aveva un’espressione perplessa, sapeva che non era in grado di capire cosa stesse facendo e che non avrebbe mai immaginato ciò che stava per dirle.
Le si avvicinò lentamente e tese lo specchio, mostrandoglielo. La maga nera guardò dapprima lo specchio e poi lei.
-…Kagami, rispondi.- disse l’albina, fissando lo specchio teso verso Marisa.
La maga scosse il capo e fissò lo specchio, notando che sulla sua superficie si era formata la sagoma di una donna che aveva già incontrato: la youkai degli specchi.
-Ehi… cosa? Che significa? Kagami è tornata libera?!- Marisa si voltò verso Reimu che abbassò lo sguardo, senza parlare. Accanto a lei, Shizuka fissò entrambe con sguardo perplesso.
-No, il suo corpo è ancora sigillato nello specchio di Reimu.- spiegò una voce femminile dal nulla.
Da uno squarcio nell’aria apparve Yukari, la splendida youkai dei confini dai lunghi capelli biondi, la quale uscì dal passaggio che aveva creato proprio dietro l’albina. –Oh… sono in ritardo per la cerimonia?-
-No, ferma, allora perché è qui?- chiese Marisa, guardando sia Yukari sia Reimu.
-Sospettavo fosse fuggita… la sua anima, almeno.- affermò Reimu. L’albina alzò lo sguardo e incrociò quello della sacerdotessa che la stava guardando con serietà.
-Cosa? Tu sapevi?- chiese, sconvolta.
-So che era fuggita ma era Yukari ad essere sicura sul dove fosse.- spiegò.
Mitsuki si voltò verso la youkai dei confini che nascose il suo sorriso dietro il ventaglio.
-Pensavi davvero che nessuno potesse intuire che dentro di te c’era un altro spirito?- disse la donna.
-No, ferme, aspettate da zé!- Marisa si avvicinò a Mitsuki e la fissò negli occhi con un’espressione furiosa. –Cosa sta succedendo? Che vuol dire che c’è uno spirito dentro di te?-
L’albina indietreggiò spaventata, non immaginava che Yukari sapesse la verità e che Reimu lo sospettasse.
-Io… ho liberato Kagami per sbaglio… ma abbiamo fatto un patto.- spiegò ai presenti. –Se io le avessi permesso di vedere il mondo con i miei occhi per conoscere i sentimenti degli umani, lei mi avrebbe dato i suoi poteri.-
-E tu hai accettato?!- le chiese Marisa furibonda, scuotendola.
-Non potevo fare altrimenti, era già successo senza che ce ne rendessimo conto! E poi non ci vedo nulla di male!- l’albina singhiozzava, era spaventata dalla reazione di Marisa che era l’unica ad agire in quel modo: Yukari e Reimu erano rimaste in silenzio.
-Nulla di male?! Hai una youkai nel corpo e non sarebbe nulla di male da zé?!-
-Siete voi che ve la prendete sempre con gli youkai, non sono tutti cattivi!- urlò a Marisa e a Reimu, che sentendosi chiamata in causa alzò lo sguardo per osservare l’albina. –Kagami è solo uno specchio, se una persona è malvagia farà cose malvagie per cui è al sicuro con me che non sono cattiva!-
-Su questo devo darle ragione.- intervenne Yukari, attirando l’attenzione incredula della maga nera. –Essendo uno specchio si limita solo ad imitare le persone, se imitasse qualcuno come Mitsuki sarebbe esattamente come lei, quindi eventualmente non ci sono problemi, a meno che lei non diventasse cattiva.- spiegò la youkai dei confini.
Marisa scosse il capo, scioccata, mentre Reimu sospirò.
-Spero tu stia scherzando, Yukari. Hai dimenticato che Mitsuki non è certo una persona qualunque.- affermò, sedendosi per la stanchezza. Yukari rispose con una leggera risatina.
-No, non posso crederci. Cioè, sta tizia adesso vive dentro di te? Mi stai dicendo che ho portato a letto anche una youkai sconosciuta?!- la voce di Marisa si era fatta più furiosa, il cuore dell’albina batteva velocemente e la paura iniziò lentamente a divorarla. Yukari fissò l’espressione spaventata dell’albina, Reimu scosse il capo sconsolata. Mitsuki lo sapeva, erano tutti consci che lei stava rovinando tutto con le sue mani.
-No Marisa, non fraintendere! Kagami è sveglia solo nel caso in cui la chiami io!- tentò di spiegare.
-Esatto.- la voce flebile di Kagami risuonò dallo specchio che Mitsuki aveva tra le mani. –Se Mitsuki mi chiama o è in pericolo e inconsciamente chiede il mio aiuto, io intervengo e le do i miei poteri e la mia conoscenza. Altrimenti dormo all’interno del suo cuore e non so nulla di ciò che intanto accade attorno a lei.-
Marisa continuò a scuotere il capo come incredula di tutto ciò che le stava succedendo. Probabilmente era scioccata, di certo non si aspettava che la sua amata Mitsuki condividesse il corpo con una youkai.
-No… no… è assurdo… no zé, assolutamente no.- avanzò verso il tempio e verso la sacerdotessa, che tentò di fermarla senza grossi risultati. Mitsuki fece qualche passo in avanti, decisa a rischiare tutto.
-Marisa, ti prego!- restò ferma, attendendo una risposta dalla maga che si era anche lei fermata davanti ai gradini dell’ingresso del tempio. –Marisa!-
-No, basta zé.- disse, voltandosi verso l’albina.
-Marisa… io ti amo!- le urlò, in lacrime. –Io ti amo veramente!-.
La maga nera scosse il capo, il suo sguardo era furioso e triste.
-No, Mitsuki, no. Come hai potuto… mentirmi… lasciare che ti toccassi così… non puoi avermi davvero ingannata.- affermò, storcendo la bocca.
-Mari ti prego, Kagami è solo uno spirito, questo corpo è mio… mio soltanto!-
-No, no, non te ne puoi uscire così da zé, non dopo tutto questo.- le indicò i presenti con espressione disgustata.
-Ti prego, ti prego!- l’albina iniziò a sentirsi il cuore in gola, sentiva un forte dolore e tremava come un gattino bagnato sotto la pioggia. Le lacrime scendevano copiose e sentiva il fiato mancarle. –Ti prego… dimmi che vuoi solo pensarci… dimmi che mi ami ancora!- urlò, singhiozzando.
Marisa la fissò per qualche istante e scosse il capo.
-Ti prego, Hoshi!- aggiunse.
-Smettila! Lasciami da sola, non voglio vederti!- le urlò, prima di sparire oltre l’uscio del tempio.
Sentiva il cuore spezzarsi in tanti frantumi come lo specchio che aveva appena lasciato cadere per terra, non riusciva quasi a respirare per i singhiozzi e le lacrime le avevano appannato la vista. Era tutto buio attorno a sé nonostante gli alti alberi e il cielo grigiastro sopra di lei. Non ricordò neppure quanto avesse corso, era scalza e con i piedi sporchi e gonfi, il vestito stracciato e un senso di vuoto assoluto. Non sapeva dove stava andando, non sapeva dove volesse andare e non sapeva nemmeno se voleva ancora avanzare.
Urlò così forte che l’eco rimbombò in tutta la zona. Continuò ad urlare finchè il fiato non le mancò e non riuscì più nemmeno a parlare.
Inciampò diverse volte, si appostò sotto un albero per riprendere fiato e si guardò intorno. Alberi e cielo, cespugli e fiori: era la Foresto f Magic.
Come ci era arrivata lì? Ma che importava ormai?
Marisa, dov’era Marisa?
Marisa l’aveva abbandonata, era rimasta sola, il suo unico amore non la accettava più e il suo cuore era spezzato.
Lo sapeva, aveva immaginato che sarebbe finita così. Non era degna di essere amata, nessuno la amava sul serio, lei era sola al mondo e sola in una foresta scura, abbandonata da tutti.
Nessuno l’avrebbe più salvata, nessuno le avrebbe più sorriso solo perché aveva ceduto alla bontà e aveva preso Kagami con sé.
Era davvero così orribile essere buona con gli youkai o essere buoni con le persone? Che aveva fatto di male, aveva forse ucciso qualcuno? Perché era stata condannata?
Si portò le mani al vestito, quel bel vestito che doveva renderla preziosa per il giorno più bello della sua vita che si era trasformato in un inferno. Si stracciò un pezzo di stoffa al bordo ormai rovinato dalla corsa e senza pensarci su se lo attorcigliò al collo, cercando di strozzarsi.
Tirò molto forte, cercando di farsi mancare il fiato ma era difficile e non le riusciva. Continuò a tirare ripetutamente ma non aveva senso se lo faceva per pochi istanti per poi liberarsi per respirare.
Appoggiò la schiena ad un albero e osservò il cielo, disperata.
-Smettila.- disse una voce.
L’albina si voltò e notò la sacerdotessa Hakurei e Yukari che erano appena uscite da un passaggio di quest’ultima.
-Cosa vuoi ottenere facendo così?-
-Lasciami in pace, andate via!- urlò l’albina con rabbia e dolore. La sua espressione era contratta per la disperazione, Reimu la osservò con uno sguardo pieno di pietà e Yukari sospirò.
-Mitsuki… ti ho detto che ti avrei protetta, ricordi?- le disse Reimu, estraendo dei talismani e puntandoglieli contro. L’albina non batté ciglio, la fissò con sguardo vuoto. –Alzati. Alzati e affrontami.- Yukari si portò accanto all’albero dove l’albina era appoggiata e la osservò con sguardo curioso. –Alzati e combatti contro di me, vigliacca. Vuoi la tua Marisa, eh? La vuoi e non hai nemmeno il coraggio di combattere per lei?-
-…che senso ha, tanto ormai non mi vuole più.-
-E’ questo atteggiamento che mi fa innervosire, idiota.- disse Reimu, scuotendo il capo. –Devi combattere per riconquistarla e dato che hai una youkai nel tuo corpo… io devo combattere te.-
L’albina notò che Reimu le aveva lanciato contro dei talismani e per poco non venne colpita. Si spostò velocemente e cadde a terra, ricominciando a singhiozzare.
-Perché tutti mi odiate… perché? Cosa ho fatto di male? Perché nessuno mi vuole bene?- si rannicchiò in un angolino accanto ad un cespuglio, portandosi le mani al viso e ricominciando a piangere.
Reimu, invece, aveva intascato i danmaku e si era avvicinata a Yukari.
-Nulla, è distrutta.- disse la donna, ponendo via il suo ventaglio decorato.
-Potrebbe rivelarsi un disastro…-
-Non è ancora un potenziale disastro.- sorrise, un sorriso amaro. Si avvicinò all’albina e si chinò di fronte a lei. –Cosa c’è nella tua vita per cui vale la pena di vivere?-
L’albina scosse il capo e non disse nulla ma Yukari le ripeté la domanda, cercando di farla parlare.
-Niente.- rispose.
La youkai dei confini squarciò l’aria e aprì un passaggio, infilandoci la mano ed estraendone un coltello di media grandezza, di quelli che si usano per la cucina.
Reimu si mosse, avvicinandosi lentamente verso di loro con aria preoccupata.
-Yukari…-
-Tranquilla, lascia a me.-
-Cosa hai in mente?- la sacerdotessa inarcò un sopracciglio, perplessa, ma lasciò la situazione nelle mani della donna.
-…sarà Mitsuki a scegliere il suo destino.- disse, tendendole il coltello. L’albina alzò il capo, fissò il coltello e poi la donna con uno sguardo desolato e perplesso. –Avanti. Hai sempre detto di voler cambiare il tuo destino… quale sarà il tuo fato?- Costrinse l’albina a prendere il coltello per il manico e si allontanò, facendo cenno a Reimu di seguirla. –Decidi tu cosa farne della tua vita, ma ricorda che per una azione che si sceglie di fare ci saranno altrettante conseguenze.-
La youkai dei confini, assieme a Reimu, svanì oltre gli alberi e tutto tornò silenzioso e vuoto come poco prima.
L’albina fissò il cielo, grigio e triste quanto il suo cuore. Fissò poi il coltello dalla lama lucente che Yukari le aveva messo tra le mani, dicendole di scegliere il proprio destino.
Si alzò, barcollando, sentendo l’erba e i sassi sotto i piedi stanchi e le gambe doloranti per la corsa di poco prima.
Uno, due, tre affondi, dritti allo stomaco.
Faceva male, molto male, e crollò a terra in un lago di sangue.
Gli occhi erano pesanti ma riuscì ad aprirli, lentamente. La prima cosa che notò fu il soffitto in legno e il profumo di latte caldo. Si voltò e notò Reisen che stava poggiando la ciotola sul mobile accanto al letto e si era voltata verso di lei con un sorriso.
-Sapevamo che stavi per svegliarti, la ferita è quasi guarita.- disse, staccando uno strano filo dal suo braccio e medicandolo con un panno imbevuto di alcol. L’albina sentì un pizzico e un piccolo bruciore ma non ci diede molta importanza, piuttosto osservò il filo era attaccato ad uno strano macchinario e Reisen notò la sua curiosità. –E’ una macchina lunare per la respirazione.- spiegò, aggiustando il lenzuolo dell’albina, la quale si voltò lentamente e notò una figura appisolata accanto a lei. La donna dai capelli biondi poggiava con le braccia e il capo alla sua destra sul letto, sembrava profondamente addormentata. Era seduta per terra con il cappello nero accanto a lei.
-E’ stata accanto a te per tutto il tempo.- spiegò la coniglietta.
-Quanto sono… stata qui?- chiese l’albina, confusa.
-Tre giorni, ti hanno portata Reimu e Yukari-san che stavi morendo dissanguata, appena Marisa-san l’ha saputo si è precipitata qui e non si è mai mossa, ci è stata tra i piedi tutto il tempo e quasi non riuscivamo ad operarti.- ammiccò –I maghi sono davvero straordinari, recuperate sempre molto in fretta. Anche se devo dire che un po’ di nostro, con la nostra tecnologia avanzata, ce l’abbiamo anche messo!- ridacchiò.
Mitsu si voltò verso Marisa e restò a guardare il suo viso: era contratto, come se forse preoccupato. Non capiva perché era lì nonostante tutto quello che era accaduto e non comprese nemmeno perché Yukari, che le aveva dato il coltello per aiutarla a suicidarsi, l’aveva in seguito trasportata alla clinica.
La maga nera si mosse lentamente e aprì gli occhi, alzando il capo e stiracchiandosi lentamente, Reisen uscì dalla stanza in tempo perché Marisa si era girata ed era rimasta immobile e stupita nel notare che l’albina fosse già sveglia.
-Mitsuki!- Le si avvicinò rapidamente, accarezzandole i capelli e controllando che stesse davvero bene per poi abbracciarla, stringendola forte a sé. –Ho avuto paura che mi stessi lasciando sul serio da zé!- le disse.
-Mari… ma… non eri tu che volevi lasciarmi?- le chiese l’albina, ancora molto confusa. Marisa si staccò da lei e la fissò negli occhi.
-Tsuki ma che dici?! Io volevo solo pensarci … si era creato un tale casino, no… non voglio lasciarti… dopo tutto, io voglio che tu sia mia zé!- iniziò a blaterare cose sconnesse, non riusciva quasi a mettere a posto le parole per formare una frase decente e Mitsuki capì quanto fosse realmente fosse stata in pensiero. Singhiozzò. –Quando mi hanno detto che ti stavi ammazzando sono corsa subito zé, non potevo pensare che tu eri così disperata…- si avvicinò e la baciò sulle labbra, l’albina sentì le sue calde lacrime rigarle il viso e bagnare le loro bocche -…non voglio che tu fai delle cazzate, ti ho detto che se qualcuno ti avesse fatto piangere lo avrei preso a pugni zé…- si morse le labbra –E’ colpa mia…vero? Devo prendermi a pugni, eh?-
-No… è colpa mia.- disse Mitsuki.
-Ok è colpa di tutte e due.- ridacchiarono entrambe, sembrava essere scesa un’atmosfera di calma e quiete, e tutte e due sembravano essere tornate quelle di sempre.
-…ma per Kagami…?- chiese l’albina, fissando la sua amata negli occhi.
-Beh… dai, se tu credi che va bene per una volta mi fiderò di te.- affermò, voltandosi a prendere qualcosa dalla sua sacca. –Ecco… questi dovevamo metterceli ma è successo quel casino là… per cui facciamo adesso da zé.- Marisa mostrò a Mitsuki due anelli identici e grigiastri, ne prese uno in mano e notò che vi era incisa una scritta al loro interno che recitava “Mari & Mitsu”. La maga nera tese la sua mano e l’albina le infilò l’anello, poi Marisa fece lo stesso e infilò l’anello al dito dell’albina.
-Vi dichiaro moglie e moglie.- disse Reimu alle loro spalle, osservando entrambe con un’espressione di rassegnazione. –Avanti… baciatevi.- incalzò la sacerdotessa, vedendo che erano rimaste a fissarla perplesse.
Marisa si chinò sull’albina e poggiò le sue labbra su quelle dell’amata, quando si staccarono entrambe avevano un’espressione serena e sollevata.
-Ah, ma tu avrai sete da zé! Vado a prenderti dell’acqua!- si alzò di scatto che quasi non inciampava tra i fili degli strani macchinari lunari, svanì oltre l’uscio senza che l’albina ebbe il tempo di dirle che aveva una tazza di latte sul mobile accanto a lei.
Sospirò e osservò Reimu, che aveva le braccia incrociate al petto.
-…Perché Yukari mi ha dato quel coltello?- chiese, curiosa.
-non lo immagini?- rispose Reimu, sedendosi accanto a lei. –L’ha fatto per sapere quanto ti saresti spinta oltre.-
-E cosa ne ha ricavato…?-
-Beh… adesso sappiamo quanto sei fuori di testa.- spiegò lei, sogghignando. –E sappiamo cosa farebbe Marisa se tu dovessi rischiare la vita.-
-Quindi… era una sorta di test?- chiese ancora, sempre più perplessa.
-Chi lo sa? Stiamo parlando di Yukari, dopotutto.-
L’albina si voltò verso la porta dove un bicchiere di acqua fresca veniva portato dalla sua energica e adorata moglie.
Più intravedeva il tempio, più il suo cuore tremava: i battiti aumentavano e il suo corpo si irrigidiva. Era terrorizzata e non capiva come mai dovesse esserlo, dopotutto non sarebbe cambiato nulla tra le due che sarebbero semplicemente diventate “mogli”.
Si lasciò trasportare da Hana finchè non si ritrovò nello spiazzale adiacente al tempio, guardò dinanzi a sé e l’unica cosa che riuscì ad inquadrare fu Marisa, vestita con un abito simile al suo ma meno sfarzoso e più sobrio, aveva i capelli legati in una coda di cavallo sul capo, adornata da un fiocchetto bianco.
La maga nera la stava fissando e le sorrise raggiante, sembrava tranquilla, non c’erano tracce di nervosismo nella sua espressione e aspettava con calma e tranquillità.
L’albina distolse lo sguardo e si voltò attorno: c’erano Reisen, Natsu e Mayumi da un lato, intravide anche Wriggle e Mystia dall’altro, c’erano inoltre Rinnosuke e Keine-sensei. Accanto a loro era seduta Yuyuko con Youmu, probabilmente avevano partecipato con la prospettiva di bere durante la festa che si sarebbe tenuta dopo. La tengu Aya era lì per scattare delle foto mentre accanto a Reimu, che si trovava in piedi davanti all’ingresso del tempio per svolgere la funzione, c’erano Shizuka e il lupo Sou-ten, che aveva avuto modo di conoscere durante il Reitaisai.
Si ritrovò accanto alla sua amata senza rendersene conto, si voltò verso di lei e vide il suo viso sereno.
-Siamo qui, da zé!- disse.
Era così semplice, sincera, tranquilla e serena. Marisa non aveva segreti, era ciò che aveva sempre visto e come si mostrava alla gente. La sua semplicità l’aveva coinvolta fin da subito, amava la sua libertà e il suo modo di vivere per questo l’aveva sempre ammirata.
La amava davvero.
Ma, in confronto a quella sincerità, c’era l’albina che in cuor suo aveva un segreto mai svelato. Qualcosa per cui Hana si era davvero arrabbiata, la sera prima del matrimonio, e che lei decise di tenere nascosto il più possibile per evitare che il suo rapporto andasse in fumo a causa della sua stupidità.
Ma quale rapporto era fondato sulle menzogne e sui segreti? Hana aveva ragione poiché Kagami abitava nel suo corpo, quel corpo che Marisa baciava e abbracciava inconsapevolmente.
Le stava mentendo e lo sapeva benissimo ma la paura di separarsi era troppa e non voleva dirglielo in nessun caso.
Si guardò attorno, tutti i suoi amici erano presenti, i loro visi erano curiosi e felici, anche lei sarebbe stata lì presente con un’espressione felice nel giorno del matrimonio di uno di loro.
Erano amici, dopotutto.
Ma di quegli amici solo due erano a conoscenza della verità, solo due sapevano che in realtà in Mitsuki era celata un’altra entità, che essa potesse prendere il controllo della prima o meno non era importante poiché ciò che davvero contava era che Mitsuki non era da sola in quel corpo.
Shizuka sbadigliò, sicuramente si stava annoiando. Sou-ten era indifferente, che importanza poteva avere per lui? Reimu era annoiata quanto Shizuka, probabilmente aspettava solo il termine della cerimonia per poter festeggiare con il sakè tanto atteso dalla fantasma Yuyuko, che sventolava ritmicamente il suo ventaglio osservando la cerimonia.
Marisa strinse la sua mano, percepì la sua pelle fresca e si voltò nuovamente verso di lei. La sua amata sapeva che era agitata e per questo la stava consolando. Voleva calmarla, toglierla da quell’agitazione e darle un sorriso per ciò che stava accadendo.
Mitsuki si sentì tremendamente male: la sua amata maestra era ignara di tutto ciò che stava preoccupando l’albina e credeva che fosse nervosa solamente per la cerimonia.
Non sapeva di Kagami, non sapeva di nulla, per questo le tornarono in mente le parole di due giorni prima, quando spiegò che due fidanzati dovevano prima conoscersi per un bel po’ e poi poteva sposarsi. Se Marisa stessa avesse scoperto col tempo di Kagami e con calma l’avesse accettato, adesso non sarebbe in quella situazione, conscia di star mentendo alla donna che amava nascondendole importanti particolari nel giorno del loro matrimonio.
Sentì Reimu confabulare qualcosa, la cerimonia era forse iniziata? Ma quanto le poteva importare? Dopotutto era solo una messinscena.
Era una recita messa in piedi per imbrogliare Marisa e farsi sposare nonostante ospitasse un’estranea nel suo corpo.
Si portò una mano al petto, tremante. Era ormai preda delle sue paure e delle sue forti emozioni, il rimorso l’attanagliava e continuava a stritolarla come se stesse soffocando.
-Allora Marisa, vuoi sposare Mitsuki? Sei sicura?- chiese la sacerdotessa.
-Mh… vediamo…- l’albina sentì lo sguardo di Marisa su di lei, era pensieroso. Non parlò se non qualche secondo dopo. –Ma si, dai. Sposiamocela!-
Il modo scherzoso di fare della maga nera aveva fatto sorridere un po’ tutti i presenti, sentì la risata di Natsu e Mayumi in lontananza ma l’albina non aveva riso e non ne aveva alcuna intenzione.
-Quindi vuoi diventare sua moglie e prendere lei come tua moglie?-
-Certo, o non sarei qui!- rispose.
Si chiese perché lei fosse lì, in quel momento, se era così quasi completamente divorata dalle sue paure. Sentì la voce di Reimu rivolgerle la stessa domanda e tutti attesero.
Respirò affannosamente, doveva rispondere ma dalle sue labbra non uscì alcun suono. Tremò, quasi non crollò in avanti ma venne trattenuta da Marisa che la aiutò a rimettersi in piedi.
-Tranquilla zé!- le sussurrò con voce dolce. Le accarezzò i capelli albini e sentiva i suoi occhi fissi su di lei.
Si voltò e incrociarono gli sguardi, guardò i suoi occhi ambra e la sua espressione calma chiedendosi come poteva essere in grado di fare una cosa simile alla donna che aveva sempre amato.
Singhiozzò, sentì le lacrime scorrere copiose sul suo viso e si stacco da lei, non smettendo di fissarla.
-Marisa… scusami … io devo dirti un cosa.- Marisa inarco un sopracciglio e sul tempio sembrò calare il silenzio. –Io… non avevo il coraggio di dirtelo ma… c’è una cosa che mi riguarda… che ho fatto…-
Marisa scosse il capo e si avvicinò all’albina, portando le sue mani sulle spalle.
-Mitsu, qualsiasi cosa sia è il passato. Adesso dobbiamo pensare a noi!- le disse, sorridendo.
Ma l’albina si staccò con forza, spaventata.
-No, non è così facile!- scosse il capo e si girò attorno, cercando un modo per mostrarle la verità. Quando il suo sguardo incontrò quello di Hana notò che aveva in mano uno specchietto con la cornice in legno, ed era lì, in attesa.
Lo sapeva.
Hana e Mitsuki erano cresciute assieme, si erano sempre capite, a volte litigavano ma si volevano bene.
Hana lo sapeva che Mitsuki avrebbe ceduto, che il rimorso sarebbe stato troppo grande e che si sarebbe rivelata.
Si avvicinò e le tese lo specchio, annuendo e sorridendole. Per lei, Mitsuki stava facendo la cosa giusta.
Ma cosa sarebbe successo di lì a poco? Come avrebbe reagito la sua amata?
Scrollò quei pensieri dalla mente e si voltò verso di lei. Aveva un’espressione perplessa, sapeva che non era in grado di capire cosa stesse facendo e che non avrebbe mai immaginato ciò che stava per dirle.
Le si avvicinò lentamente e tese lo specchio, mostrandoglielo. La maga nera guardò dapprima lo specchio e poi lei.
-…Kagami, rispondi.- disse l’albina, fissando lo specchio teso verso Marisa.
La maga scosse il capo e fissò lo specchio, notando che sulla sua superficie si era formata la sagoma di una donna che aveva già incontrato: la youkai degli specchi.
-Ehi… cosa? Che significa? Kagami è tornata libera?!- Marisa si voltò verso Reimu che abbassò lo sguardo, senza parlare. Accanto a lei, Shizuka fissò entrambe con sguardo perplesso.
-No, il suo corpo è ancora sigillato nello specchio di Reimu.- spiegò una voce femminile dal nulla.
Da uno squarcio nell’aria apparve Yukari, la splendida youkai dei confini dai lunghi capelli biondi, la quale uscì dal passaggio che aveva creato proprio dietro l’albina. –Oh… sono in ritardo per la cerimonia?-
-No, ferma, allora perché è qui?- chiese Marisa, guardando sia Yukari sia Reimu.
-Sospettavo fosse fuggita… la sua anima, almeno.- affermò Reimu. L’albina alzò lo sguardo e incrociò quello della sacerdotessa che la stava guardando con serietà.
-Cosa? Tu sapevi?- chiese, sconvolta.
-So che era fuggita ma era Yukari ad essere sicura sul dove fosse.- spiegò.
Mitsuki si voltò verso la youkai dei confini che nascose il suo sorriso dietro il ventaglio.
-Pensavi davvero che nessuno potesse intuire che dentro di te c’era un altro spirito?- disse la donna.
-No, ferme, aspettate da zé!- Marisa si avvicinò a Mitsuki e la fissò negli occhi con un’espressione furiosa. –Cosa sta succedendo? Che vuol dire che c’è uno spirito dentro di te?-
L’albina indietreggiò spaventata, non immaginava che Yukari sapesse la verità e che Reimu lo sospettasse.
-Io… ho liberato Kagami per sbaglio… ma abbiamo fatto un patto.- spiegò ai presenti. –Se io le avessi permesso di vedere il mondo con i miei occhi per conoscere i sentimenti degli umani, lei mi avrebbe dato i suoi poteri.-
-E tu hai accettato?!- le chiese Marisa furibonda, scuotendola.
-Non potevo fare altrimenti, era già successo senza che ce ne rendessimo conto! E poi non ci vedo nulla di male!- l’albina singhiozzava, era spaventata dalla reazione di Marisa che era l’unica ad agire in quel modo: Yukari e Reimu erano rimaste in silenzio.
-Nulla di male?! Hai una youkai nel corpo e non sarebbe nulla di male da zé?!-
-Siete voi che ve la prendete sempre con gli youkai, non sono tutti cattivi!- urlò a Marisa e a Reimu, che sentendosi chiamata in causa alzò lo sguardo per osservare l’albina. –Kagami è solo uno specchio, se una persona è malvagia farà cose malvagie per cui è al sicuro con me che non sono cattiva!-
-Su questo devo darle ragione.- intervenne Yukari, attirando l’attenzione incredula della maga nera. –Essendo uno specchio si limita solo ad imitare le persone, se imitasse qualcuno come Mitsuki sarebbe esattamente come lei, quindi eventualmente non ci sono problemi, a meno che lei non diventasse cattiva.- spiegò la youkai dei confini.
Marisa scosse il capo, scioccata, mentre Reimu sospirò.
-Spero tu stia scherzando, Yukari. Hai dimenticato che Mitsuki non è certo una persona qualunque.- affermò, sedendosi per la stanchezza. Yukari rispose con una leggera risatina.
-No, non posso crederci. Cioè, sta tizia adesso vive dentro di te? Mi stai dicendo che ho portato a letto anche una youkai sconosciuta?!- la voce di Marisa si era fatta più furiosa, il cuore dell’albina batteva velocemente e la paura iniziò lentamente a divorarla. Yukari fissò l’espressione spaventata dell’albina, Reimu scosse il capo sconsolata. Mitsuki lo sapeva, erano tutti consci che lei stava rovinando tutto con le sue mani.
-No Marisa, non fraintendere! Kagami è sveglia solo nel caso in cui la chiami io!- tentò di spiegare.
-Esatto.- la voce flebile di Kagami risuonò dallo specchio che Mitsuki aveva tra le mani. –Se Mitsuki mi chiama o è in pericolo e inconsciamente chiede il mio aiuto, io intervengo e le do i miei poteri e la mia conoscenza. Altrimenti dormo all’interno del suo cuore e non so nulla di ciò che intanto accade attorno a lei.-
Marisa continuò a scuotere il capo come incredula di tutto ciò che le stava succedendo. Probabilmente era scioccata, di certo non si aspettava che la sua amata Mitsuki condividesse il corpo con una youkai.
-No… no… è assurdo… no zé, assolutamente no.- avanzò verso il tempio e verso la sacerdotessa, che tentò di fermarla senza grossi risultati. Mitsuki fece qualche passo in avanti, decisa a rischiare tutto.
-Marisa, ti prego!- restò ferma, attendendo una risposta dalla maga che si era anche lei fermata davanti ai gradini dell’ingresso del tempio. –Marisa!-
-No, basta zé.- disse, voltandosi verso l’albina.
-Marisa… io ti amo!- le urlò, in lacrime. –Io ti amo veramente!-.
La maga nera scosse il capo, il suo sguardo era furioso e triste.
-No, Mitsuki, no. Come hai potuto… mentirmi… lasciare che ti toccassi così… non puoi avermi davvero ingannata.- affermò, storcendo la bocca.
-Mari ti prego, Kagami è solo uno spirito, questo corpo è mio… mio soltanto!-
-No, no, non te ne puoi uscire così da zé, non dopo tutto questo.- le indicò i presenti con espressione disgustata.
-Ti prego, ti prego!- l’albina iniziò a sentirsi il cuore in gola, sentiva un forte dolore e tremava come un gattino bagnato sotto la pioggia. Le lacrime scendevano copiose e sentiva il fiato mancarle. –Ti prego… dimmi che vuoi solo pensarci… dimmi che mi ami ancora!- urlò, singhiozzando.
Marisa la fissò per qualche istante e scosse il capo.
-Ti prego, Hoshi!- aggiunse.
-Smettila! Lasciami da sola, non voglio vederti!- le urlò, prima di sparire oltre l’uscio del tempio.
Sentiva il cuore spezzarsi in tanti frantumi come lo specchio che aveva appena lasciato cadere per terra, non riusciva quasi a respirare per i singhiozzi e le lacrime le avevano appannato la vista. Era tutto buio attorno a sé nonostante gli alti alberi e il cielo grigiastro sopra di lei. Non ricordò neppure quanto avesse corso, era scalza e con i piedi sporchi e gonfi, il vestito stracciato e un senso di vuoto assoluto. Non sapeva dove stava andando, non sapeva dove volesse andare e non sapeva nemmeno se voleva ancora avanzare.
Urlò così forte che l’eco rimbombò in tutta la zona. Continuò ad urlare finchè il fiato non le mancò e non riuscì più nemmeno a parlare.
Inciampò diverse volte, si appostò sotto un albero per riprendere fiato e si guardò intorno. Alberi e cielo, cespugli e fiori: era la Foresto f Magic.
Come ci era arrivata lì? Ma che importava ormai?
Marisa, dov’era Marisa?
Marisa l’aveva abbandonata, era rimasta sola, il suo unico amore non la accettava più e il suo cuore era spezzato.
Lo sapeva, aveva immaginato che sarebbe finita così. Non era degna di essere amata, nessuno la amava sul serio, lei era sola al mondo e sola in una foresta scura, abbandonata da tutti.
Nessuno l’avrebbe più salvata, nessuno le avrebbe più sorriso solo perché aveva ceduto alla bontà e aveva preso Kagami con sé.
Era davvero così orribile essere buona con gli youkai o essere buoni con le persone? Che aveva fatto di male, aveva forse ucciso qualcuno? Perché era stata condannata?
Si portò le mani al vestito, quel bel vestito che doveva renderla preziosa per il giorno più bello della sua vita che si era trasformato in un inferno. Si stracciò un pezzo di stoffa al bordo ormai rovinato dalla corsa e senza pensarci su se lo attorcigliò al collo, cercando di strozzarsi.
Tirò molto forte, cercando di farsi mancare il fiato ma era difficile e non le riusciva. Continuò a tirare ripetutamente ma non aveva senso se lo faceva per pochi istanti per poi liberarsi per respirare.
Appoggiò la schiena ad un albero e osservò il cielo, disperata.
-Smettila.- disse una voce.
L’albina si voltò e notò la sacerdotessa Hakurei e Yukari che erano appena uscite da un passaggio di quest’ultima.
-Cosa vuoi ottenere facendo così?-
-Lasciami in pace, andate via!- urlò l’albina con rabbia e dolore. La sua espressione era contratta per la disperazione, Reimu la osservò con uno sguardo pieno di pietà e Yukari sospirò.
-Mitsuki… ti ho detto che ti avrei protetta, ricordi?- le disse Reimu, estraendo dei talismani e puntandoglieli contro. L’albina non batté ciglio, la fissò con sguardo vuoto. –Alzati. Alzati e affrontami.- Yukari si portò accanto all’albero dove l’albina era appoggiata e la osservò con sguardo curioso. –Alzati e combatti contro di me, vigliacca. Vuoi la tua Marisa, eh? La vuoi e non hai nemmeno il coraggio di combattere per lei?-
-…che senso ha, tanto ormai non mi vuole più.-
-E’ questo atteggiamento che mi fa innervosire, idiota.- disse Reimu, scuotendo il capo. –Devi combattere per riconquistarla e dato che hai una youkai nel tuo corpo… io devo combattere te.-
L’albina notò che Reimu le aveva lanciato contro dei talismani e per poco non venne colpita. Si spostò velocemente e cadde a terra, ricominciando a singhiozzare.
-Perché tutti mi odiate… perché? Cosa ho fatto di male? Perché nessuno mi vuole bene?- si rannicchiò in un angolino accanto ad un cespuglio, portandosi le mani al viso e ricominciando a piangere.
Reimu, invece, aveva intascato i danmaku e si era avvicinata a Yukari.
-Nulla, è distrutta.- disse la donna, ponendo via il suo ventaglio decorato.
-Potrebbe rivelarsi un disastro…-
-Non è ancora un potenziale disastro.- sorrise, un sorriso amaro. Si avvicinò all’albina e si chinò di fronte a lei. –Cosa c’è nella tua vita per cui vale la pena di vivere?-
L’albina scosse il capo e non disse nulla ma Yukari le ripeté la domanda, cercando di farla parlare.
-Niente.- rispose.
La youkai dei confini squarciò l’aria e aprì un passaggio, infilandoci la mano ed estraendone un coltello di media grandezza, di quelli che si usano per la cucina.
Reimu si mosse, avvicinandosi lentamente verso di loro con aria preoccupata.
-Yukari…-
-Tranquilla, lascia a me.-
-Cosa hai in mente?- la sacerdotessa inarcò un sopracciglio, perplessa, ma lasciò la situazione nelle mani della donna.
-…sarà Mitsuki a scegliere il suo destino.- disse, tendendole il coltello. L’albina alzò il capo, fissò il coltello e poi la donna con uno sguardo desolato e perplesso. –Avanti. Hai sempre detto di voler cambiare il tuo destino… quale sarà il tuo fato?- Costrinse l’albina a prendere il coltello per il manico e si allontanò, facendo cenno a Reimu di seguirla. –Decidi tu cosa farne della tua vita, ma ricorda che per una azione che si sceglie di fare ci saranno altrettante conseguenze.-
La youkai dei confini, assieme a Reimu, svanì oltre gli alberi e tutto tornò silenzioso e vuoto come poco prima.
L’albina fissò il cielo, grigio e triste quanto il suo cuore. Fissò poi il coltello dalla lama lucente che Yukari le aveva messo tra le mani, dicendole di scegliere il proprio destino.
Si alzò, barcollando, sentendo l’erba e i sassi sotto i piedi stanchi e le gambe doloranti per la corsa di poco prima.
Uno, due, tre affondi, dritti allo stomaco.
Faceva male, molto male, e crollò a terra in un lago di sangue.
Gli occhi erano pesanti ma riuscì ad aprirli, lentamente. La prima cosa che notò fu il soffitto in legno e il profumo di latte caldo. Si voltò e notò Reisen che stava poggiando la ciotola sul mobile accanto al letto e si era voltata verso di lei con un sorriso.
-Sapevamo che stavi per svegliarti, la ferita è quasi guarita.- disse, staccando uno strano filo dal suo braccio e medicandolo con un panno imbevuto di alcol. L’albina sentì un pizzico e un piccolo bruciore ma non ci diede molta importanza, piuttosto osservò il filo era attaccato ad uno strano macchinario e Reisen notò la sua curiosità. –E’ una macchina lunare per la respirazione.- spiegò, aggiustando il lenzuolo dell’albina, la quale si voltò lentamente e notò una figura appisolata accanto a lei. La donna dai capelli biondi poggiava con le braccia e il capo alla sua destra sul letto, sembrava profondamente addormentata. Era seduta per terra con il cappello nero accanto a lei.
-E’ stata accanto a te per tutto il tempo.- spiegò la coniglietta.
-Quanto sono… stata qui?- chiese l’albina, confusa.
-Tre giorni, ti hanno portata Reimu e Yukari-san che stavi morendo dissanguata, appena Marisa-san l’ha saputo si è precipitata qui e non si è mai mossa, ci è stata tra i piedi tutto il tempo e quasi non riuscivamo ad operarti.- ammiccò –I maghi sono davvero straordinari, recuperate sempre molto in fretta. Anche se devo dire che un po’ di nostro, con la nostra tecnologia avanzata, ce l’abbiamo anche messo!- ridacchiò.
Mitsu si voltò verso Marisa e restò a guardare il suo viso: era contratto, come se forse preoccupato. Non capiva perché era lì nonostante tutto quello che era accaduto e non comprese nemmeno perché Yukari, che le aveva dato il coltello per aiutarla a suicidarsi, l’aveva in seguito trasportata alla clinica.
La maga nera si mosse lentamente e aprì gli occhi, alzando il capo e stiracchiandosi lentamente, Reisen uscì dalla stanza in tempo perché Marisa si era girata ed era rimasta immobile e stupita nel notare che l’albina fosse già sveglia.
-Mitsuki!- Le si avvicinò rapidamente, accarezzandole i capelli e controllando che stesse davvero bene per poi abbracciarla, stringendola forte a sé. –Ho avuto paura che mi stessi lasciando sul serio da zé!- le disse.
-Mari… ma… non eri tu che volevi lasciarmi?- le chiese l’albina, ancora molto confusa. Marisa si staccò da lei e la fissò negli occhi.
-Tsuki ma che dici?! Io volevo solo pensarci … si era creato un tale casino, no… non voglio lasciarti… dopo tutto, io voglio che tu sia mia zé!- iniziò a blaterare cose sconnesse, non riusciva quasi a mettere a posto le parole per formare una frase decente e Mitsuki capì quanto fosse realmente fosse stata in pensiero. Singhiozzò. –Quando mi hanno detto che ti stavi ammazzando sono corsa subito zé, non potevo pensare che tu eri così disperata…- si avvicinò e la baciò sulle labbra, l’albina sentì le sue calde lacrime rigarle il viso e bagnare le loro bocche -…non voglio che tu fai delle cazzate, ti ho detto che se qualcuno ti avesse fatto piangere lo avrei preso a pugni zé…- si morse le labbra –E’ colpa mia…vero? Devo prendermi a pugni, eh?-
-No… è colpa mia.- disse Mitsuki.
-Ok è colpa di tutte e due.- ridacchiarono entrambe, sembrava essere scesa un’atmosfera di calma e quiete, e tutte e due sembravano essere tornate quelle di sempre.
-…ma per Kagami…?- chiese l’albina, fissando la sua amata negli occhi.
-Beh… dai, se tu credi che va bene per una volta mi fiderò di te.- affermò, voltandosi a prendere qualcosa dalla sua sacca. –Ecco… questi dovevamo metterceli ma è successo quel casino là… per cui facciamo adesso da zé.- Marisa mostrò a Mitsuki due anelli identici e grigiastri, ne prese uno in mano e notò che vi era incisa una scritta al loro interno che recitava “Mari & Mitsu”. La maga nera tese la sua mano e l’albina le infilò l’anello, poi Marisa fece lo stesso e infilò l’anello al dito dell’albina.
-Vi dichiaro moglie e moglie.- disse Reimu alle loro spalle, osservando entrambe con un’espressione di rassegnazione. –Avanti… baciatevi.- incalzò la sacerdotessa, vedendo che erano rimaste a fissarla perplesse.
Marisa si chinò sull’albina e poggiò le sue labbra su quelle dell’amata, quando si staccarono entrambe avevano un’espressione serena e sollevata.
-Ah, ma tu avrai sete da zé! Vado a prenderti dell’acqua!- si alzò di scatto che quasi non inciampava tra i fili degli strani macchinari lunari, svanì oltre l’uscio senza che l’albina ebbe il tempo di dirle che aveva una tazza di latte sul mobile accanto a lei.
Sospirò e osservò Reimu, che aveva le braccia incrociate al petto.
-…Perché Yukari mi ha dato quel coltello?- chiese, curiosa.
-non lo immagini?- rispose Reimu, sedendosi accanto a lei. –L’ha fatto per sapere quanto ti saresti spinta oltre.-
-E cosa ne ha ricavato…?-
-Beh… adesso sappiamo quanto sei fuori di testa.- spiegò lei, sogghignando. –E sappiamo cosa farebbe Marisa se tu dovessi rischiare la vita.-
-Quindi… era una sorta di test?- chiese ancora, sempre più perplessa.
-Chi lo sa? Stiamo parlando di Yukari, dopotutto.-
L’albina si voltò verso la porta dove un bicchiere di acqua fresca veniva portato dalla sua energica e adorata moglie.
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Re: Touhou Shanikusai: Stars & Hearts Carnival [NEW EDITION]
Spoiler! :
Mitsuki as Zelda
Kagami as Ganondolf
...Good ending desuka?
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Re: Touhou Shanikusai: Stars & Hearts Carnival [NEW EDITION]
Extra Stage 4 - Power Up!
Davanti al palco la gente era tanta, il luogo era gremito di persone che si erano recate sulla collina curiose per il concerto tanto pubblicizzato nei giorni precedenti.
Non vi erano posti per sedersi: la gente si accomodava sull’erba o restava in piedi.
Il palco era molto grande, costruito in legno e pietra e prevedeva un enorme muro inclinato sul retro e una baracca delle stesse dimensioni nascosta dietro il muro dove le ragazze si preparavano per l’entrata in scena.
Vi erano delle luci tecnologiche create da Nitori e alimentate grazie alla magia di Mayumi che, non sapendo ballare né cantare, aveva contribuito in altro modo. La maga verde fissò con emozione la gente attorno al palco per poi imbucarsi rapidamente nella baracca che fungeva da camerino e osservare le idols che si preparavano all’evento.
-C’è tantissima gente!- esclamò, emozionata –Umani… youkai… c’è Reimu-san in prima fila, dietro le fatine che hanno collaborato per costruire il palco.- aggiunse, sedendosi su una sedia in legno accanto alla porta.
-Quasi non controllo più il mio corpo per l’emozione!- esclamò Mystia, aggiustandosi il cappellino tra i capelli amaranto.
Mitsuki non rispose, era intenta nel truccarsi mentre accanto a lei, una Hana agitata si sistemava la camicetta con mani tremanti.
-Sono spaventata… andrà tutto bene?- disse, osservando ad uno specchio se aveva infilato la camicetta nel verso giusto.
-Tranquilla, non ti agitare!- le rispose Reisen dietro di lei che però pareva ancora più agitata mentre litigava con le sue orecchie poiché non riusciva ad infilarli il cerchietto tra i capelli.
Mayumi osservò le ragazze che sembravano quasi nel panico più totale finchè non sobbalzò quando la porta venne all’improvviso spalancata: sulla soglia comparve Shizuka, la sua espressione era perplessa e si limitò a fissare le presenti con fare annoiato.
Mitsuki arrossì, cercando di non fissarla: l’ultima volta che l’aveva vista era stata la settimana prima, quando lei si era recata a trovarla dopo aver saputo del suo tentato suicidio. Non era stata una bella e calma conversazione, tutt’altro. Sperò vivamente che non fosse andata lì con l’intento di fare una scenata per rovinarle tutto.
-Allora…- iniziò lei, avvicinandosi alle ragazze e poggiando un vestito su un mobile adiacente –C’è molta gente qui fuori e lo spettacolo inizierà a momenti… non vogliamo certo deluderli, no?-
Si iniziò a spogliare, infilandosi l’abito che si era portata dietro: era un abito elegante ma che lasciava libertà nei movimenti: era nero e rosso, aveva una gonna corta con pizzo e un bustino ricamato con alcuni pendagli decorativi che ricordavano quelli che indossavano Mitsuki e Mystia nella loro divisa.
-Cosa…?- l’albina si avvicinò alla mezza vampira con sguardo interrogativo mentre lei si stava acconciando i capelli tirandoseli sul capo e fermandoli con delle mollette decorate.
-Beh, potrebbe essere interessante. So a memoria le canzoni e i passi, ho già avvisato le poltergeist musiciste sui miei solo, basterà solo modificare la scaletta un po’.- spiegò lei, mentre si passava un rossetto sulle labbra. –Dunque…- si allontanò dal mobile e prese un foglio posto su un tavolo al centro della capanna, intinse la penna nell’inchiostro e scarabocchiò qua e là. –Ecco, adesso è a posto.-
-Cioè tu stai dicendo che parteciperai?- le chiese Hana, sconcertata.
-…Non si era ancora capito?- rispose Shizuka, aggiustandosi il bustino –Ovviamente pretendo da Mitsuki una scorta di sakè per un anno.-
L’albina rimase un attimo perplessa ma poi scoppiò a ridere, seguita dalle altre ragazze ormai pronte.
Mayumi spalancò la porta della baracca e osservò la folla impaziente.
-Siamo tutte pronte, allora?- chiese, mentre dietro di lei sgattaiolavano Natsu e Wriggle, un’accoppiata creata per l’occasione poiché il loro scopo era quello di intervistare le ragazze tra una canzone e l’altra per i retroscena. La presentatrice che sarebbe dovuta stare sul palco era una fata di nome Daiyousei, amica di Cirno e delle ragazze che si dovevano esibire.
La stessa fatina dai capelli verdi era già salita sul palco per salutare il pubblico, tutto seguendo un copione scritto precedentemente assieme alle ragazze. Sembrava emozionata ma parlò con tranquillità mentre Mayumi si apprestava ad accendere le luci sul palco e le idols si erano appostate accanto al muretto dietro un telo che le nascondeva e dal quale potevano giungere velocemente sul palco.
Dopo un applauso generale, le ragazze con una mezza-vampira in più si diressero senza indugi sul palco, seguendo passi prestabiliti che a quanto pare Shizuka aveva imparato bene: dopotutto seguiva le prove con divertimento, probabilmente progettava quell’entrata in scena da parecchio ma senza farlo notare.
Natsu e Wriggle, le quali sentivano le voci delle cantanti sin da dietro la baracca, anche se molto flebili poiché era stata adeguatamente insonorizzata dalla magia di Mayumi, si prepararono nell’appuntare tutto ciò che accadeva tra una canzone e l’altra, quando le giovani si sarebbero dirette nella baracca per bere, per attendere il loro turno o per cambiarsi di abito. I vestiti erano riposti appesi su un palo di legno ed erano davvero carini: c’erano alcuni completini chiari, altri sembravano più eleganti e altri più stravaganti e carichi di decorazioni.
Le due ragazzine avevano già partecipato a tutte le prove comprese le prove generali per cui non avevano problemi a non seguire l’esibizione, anzi, erano più emozionate all’idea di dover correre dietro le idols mentre si cambiavano e di confonderle con le loro domande, documentando il tutto nel loro taccuino peggio di una certa Tengu che probabilmente si trovava fuori a scattare foto.
Quando la canzone di apertura fu conclusa, la porta della baracca si spalancò e apparvero Hana e Reisen seguite da Shizuka, le quali si gettarono su una panca per bere.
-Allora ragazze mie, com’è andata l’inizio?- chiese Natsu alle tre. Shizuka ignorò l’intervista poiché probabilmente non le interessava e si preoccupò di ritoccarsi il trucco e di aggiustarsi i capelli.
-Avevo paura di inciampare mentre salivo le scale.- disse Hana, sventolandosi con la mano.
-E io sarei caduta dietro di te!- aggiunse Reisen, ridacchiando.
La canzone di Mitsuki e Mystia terminò e Shizuka lasciò rapidamente la baracca per eseguire la sua canzone da solista.
L’albina entrò urlando seguita dal Night Sparrow, correndo dall’altra parte della catapecchia per cambiarsi il vestito.
-Ehi, voi, dove correte?- urlò Wriggle, avvicinandosi alle due ragazzine. –Allora, il vostro duetto è stato apprezzato? Come siete andate?-
-Oddio, credo di aver sbagliato un passo!- affermò l’albina, mentre si sfilava la gonna –Forse dovevo girare verso destra e non verso sinistra…- aggiunse.
-Un vuoto di memoria, eh??- le disse Mystia, aggiustandosi le scarpe. –Anche io, ho avuto troppa paura di sbagliare delle parole!-
Shizuka rientrò trionfante, sembrava la più calma del gruppo, dietro di lei fuggirono Hana e Reisen per il loro duetto.
-Non ti chiedo nulla perché non hai voglia di parlare…- le disse Natsu, con sguardo pensieroso.
-Nah, non ho nulla da dire, è stupido confondere la gente prima di esibirsi.- spiegò la ragazza mentre si cambiava d’abito con un altro vestito che si era portato dietro.
-DOVE CAVOLO E’ IL MIO FIOCCO!- urlò l’albina, andando avanti e indietro come una matta –Il mio fiocco!-
-Controlla bene tra i panni tolti, forse non l’hai visto e ci hai messo su i vestiti di prima…- le consigliò Mystia, già pronta, che la aiutò a cercare. In effetti il fiocco era davvero sotto il vestito che indossava prima.
-Quali sono le vostre attuali sensazioni?- chiese Wriggle, insistendo nel torturare le due giovani stressate.
-La mia sensaaazione è … GHYA.- rispose Mitsuki che sembrava alquanto ubriaca ma in realtà si stava divertendo a fare scenate assurde.
-Io mi sento molto… OHIAA- urlò invece Mystia.
-E io mi sento che fra poco vi spacco la sedia in testa.- affermò la mezza vampira, che si diresse sul palco seguita dalle due per la prossima canzone.
-Signori e signore, queste idol di Gensokyo sono molto folli.- disse Natsu mentre scriveva sul suo taccuino –urlano, sclerano, impazziscono…-
-Abbiamo molto materiale, ci va di lusso.- aggiunse la youkai lucciola, ridacchiando.
-AHHHHHHHHHHHHHHHHHHHHHH- Mitsuki entrò urlando, afferrò la brocca d’acqua che riversò velocemente nel bicchiere e ingurgitò in meno di un minuto per poi scappare nuovamente per la prossima canzone.
Le due intervistatrici risero di gusto.
-Si, sono pazze.-
Al termine del concerto la baracca fu adibita a luogo di festa: Kourin-san aveva portato una grande torta di panna e cioccolato e le stanche cantanti si riversarono sulle sedie, erano esauste ma molto affamate.
Da un passaggio che squarciò l'aria ne uscì una raggiante Yukari che teneva in mano una bottiglia di sakè mentre Marisa, Reimu e Aya si infilavano nella catapecchia per festeggiare la fine del concerto.
-Devo ammetterlo, è stato abbastanza divertente.- disse Reimu, gettandosi subito sul sakè seguita da Marisa, Yukari e Shizuka.
-Stupendo da zé, la prossima volta voglio partecipare anche io!-
Mitsuki rise, afferrando una fetta di torta e sedendosi sulla panca in legno assieme ad Hana, Mystia, Wriggle e Mayumi, mentre Reisen e Natsu si erano appostate accanto al sakè per ubriacarsi anche loro.
Intanto Aya scattava foto al luogo e ai festeggianti.
-Dai, si può rifare!- affermò Hana, annuendo convinta.
-Ma certo che si può, è stato fighissimo!- rispose l’albina, azzannando la torta con foga.
La maga nera si avvicinò all’albina e si sedette accanto a lei, mangiando la sua fetta di torta e rubando pezzi da quella della moglie, con conseguente lamentele di quest’ultima.
-Però Marisa, non hai dato a Mitsuki quella cosa.- disse Kourin-san, lanciando un fagotto rosa alla maga nera che lo prese al volo.
-Quale cosa? Che cos’è?- l’albina osservò il fagotto con curiosità e Marisa lo stese, rivelandone la vera forma: un vestito rosa e bianco pieno di pizzi e merletti. –Ma che… Che carino!!-
-C’è anche il capello da zé, pure le scarpe.- disse lei, facendo apparire un cappello da maga come quello che indossava ma rosa e particolare: anche quest’ultimo aveva dei pizzi. –Toh, è il mio regalo per la riuscita del concerto.-
L’albina lo afferrò al volo e saltò allegramente sul posto.
-Ma aspetta, come facevi a sapere che il concerto sarebbe riuscito bene?- chiese, cercando di fare due più due.
-…Beh… lo supponevo, sì.- annuì la maga, ridacchiando.
Mitsuki fissò ancora il vestito e si incuriosì. L’aveva già visto dentro un suo sogno. Forse, grazie al suo potere, l’aveva estrapolato dai pensieri di Marisa? Se fosse stato così era da tanto che la moglie ci stava pensando. Sorrise, l’abito di quel sogno lo aveva desiderato molto e non immaginava che sarebbe riuscita ad indossarlo, prima o poi.
Mayumi, intanto, si stiracchiò. Era stata una giornata faticosa e aveva consumato molta magia per alimentare le luci, si sedette sulla sedia in legno poco fuori la baracca per osservare il cielo notturno e la luna che splendeva mangiando la sua fetta di torta e gustando con golosità la panna che la decorava.
Sorrise.
Erano quelli i momenti più belli della sua vita che le facevano dimenticare il suo passato.
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Re: Touhou Shanikusai: Stars & Hearts Carnival [NEW EDITION]
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Re: Touhou Shanikusai: Stars & Hearts Carnival [NEW EDITION]
Bonus Stage - Invidie e Rancori ( parte I )
Arricciandosi con le dita i suoi bei capelli color rossiccio/castano, una bambina di otto anni era seduta sul muretto nel cortile della scuola, osservando con ansia dei bambini che giocavano poco più in là. L'aria era frizzante, calda, pareva che l'estate non si sarebbe fatta attendere.
L'estate, la stagione più bella dell'anno, quando tutti si riunivano a giocare nel laghetto, nuotando e cantando assieme come tanti sciocchi. Eppure, quei giochi così umili sembravano essere divertenti e appassionanti. Voleva farli anche lei.
Quando vedeva dei bambini era elettrizzata dalla voglia di avvicinarsi e di chieder loro di diventare suoi amici. Ne voleva tanti, uno per ogni giorno, così non si sarebbe mai annoiata.
Una bambina per giocare alle principesse, un bambino con cui correre nel cortile, altri bambini per fare un teatrino delle bambole. Era un sogno.
Ma scosse il capo e tornò alla crude realtà. Nonostante fosse pieno giorno si trovava all'ombra, dove faceva nettamente più fresco e dove poteva osservare nascosta i quattro bambini che giocavano poco distanti da lei.
Odiava nascondersi, lei doveva risaltare: era la migliore, la più bella, quella dalle grandi idee. Senza di lei nessuno si poteva divertire.
Avrebbe voluto avvicinarsi, voleva chiedere ai bambini di giocare con loro ma nessuno le avrebbe dato retta e nessuno sembrava accorgersi di lei.
Era ovvio, andava sempre così.
Sapevano tutti che lei era sempre così possessiva con gli amici, così gelosa e così egoista. Lo dicevano tutti, ma in realtà voleva solo assicurarsi che rimanessero sempre suoi amici. Non faceva nulla di male, perchè se la prendevano con lei?
All'inizio, quando provava a fare amicizia con loro i bambini erano felici di parlarle, ma appena iniziava a dare ordini, si allontanavano tutti da lei.
Eppure voleva solo avere degli amici, cosa c'era di così complicato? Voleva che i bambini giocassero con lei anche a costo di costringerli. Era questo lato di lei che spaventava tutti e li allontanava. Ma non poteva farci nulla, li voleva per sé, per non sentirsi sola, per sentirsi amata. Non sapeva come cambiare, era sempre stata così, viziata e coccolata, le veniva dato tutto ciò che voleva. Essere figlia del sindaco la aveva resa una privilegiata.
Aveva vestiti, giocattoli, dolci, tutti gli adulti erano sempre accanto a lei ma i bambini no. I bambini alla fine scappavano. Era una cosa che la infastidiva non poco.
Già, si sentiva tremendamente sola.
Nonostante la maestra Keine le si avvicinasse spesso, le chiedesse se stava bene, si preoccupasse per lei, tutto ciò le pareva assai superfluo. Non voleva un'altra adulta che si preoccupasse per lei ma che i bambini le stessero accanto, facessero quello che voleva. Li voleva tutti per sé.
Al diavolo, ci doveva riprovare, le era stato insegnato che i sogni si costruiscono pian piano, dopotutto, e lei aveva urgenza di costruire il suo.
Si alzò e si avvicinò a due bambini e due bambine che giocavano al salto della fune. Un bambino aveva un cappellino di paglia, un'altro portava gli occhiali. Le due bambine erano simili, avevano i capelli molto scuri, ma ce n'era una più piccola e bassa.
Sembravano far parte della bassa borghesia, non portavano kimono di seta costosa e non erano molto ben acconciati, però non le interessava purchè avesse avuto degli amici. Non le erano mai interessate le classi sociali, alla fine era solo lei la più importante.
Appena i bambini la videro si voltarono, curiosi. La prima bambina diede una gomitata a quella più piccola.
-E' lei, Kaname!- le sussurrò. La bambina più piccola non si scompose e attese che la bambina dai capelli amaranto si avvicinò al gruppetto.
La gomitata era stata meschina, sembrava la stessero indicando come se fosse uno youkai, tuttavia cercò di essere più gentile e dolce possibile. Se faceva la dolce e la timida tutti quanti le cadevano ai piedi.
-Posso giocare con voi?- chiese, muovendosi leggermente per l'imbarazzo e guardandosi i piedi.
Il bambino con il cappellino di paglia sorrise, annuendo, ma quello con gli occhiali gli tirò la maglia, scuotendo il capo. Anche la bambina più grande sembrava essere d’accordo con quest'ultimo.
Kaname fissò i quattro con sguardo triste: sapeva che stavano confabulando sul fatto che non fosse una buona amica anche se alla fine non era così, eppure non poteva evitarlo. Poteva gridare che in realtà era una brava persona e stava offrendo loro una grande occasione, ma si trattenne, dato che la bambina più piccola sembrava volesse dire la sua.
-Possiamo provare... no?- disse lei. Gli altri tre si guardarono tra di loro ed evidentemente decisero di tentare, per cui diedero una parte della corda alla bambina appena arrivata per tornare poi a giocare.
Kaname afferrò tremante la corda, osservandola con emozione.
Nonostante tutto era andata bene e adesso aveva dei nuovi amici. Stavolta doveva sforzarsi per far loro capire che li voleva bene, che li voleva così tanto bene da proteggerli da altre persone che volevano essere loro amici. Adesso doveva decidere come fare per tenerseli sempre per sé.
Venne il suo turno e saltò.
Si stava divertendo un mondo, tanto che iniziò a ridere. Un salto e poi un altro, canticchiando una canzoncina stupida ma coinvolgente. Era questo che voleva fare poichè era questo che tutti facevano e lei, prima di tutti, avrebbe dovuto farlo. Perchè lei doveva avere tutto e doveva poter fare tutto prima degli altri. Era così felice che le venne spontaneo chiedere ai bambini se volevano andare a casa sua dopo la scuola.
Accettarono e si incontrarono nel pomeriggio per giocare nell'enorme villa dove abitava la piccola Kaname.
Eppure non durò, nemmeno questa volta.
Kaname pretese che andassero sempre da lei, ogni giorno, e che restassero fino a tardi per farle compagnia.
Era così felice di avere degli amici, di nuovo, che voleva essere sempre con loro, solo con loro, solo lei e i suoi nuovi quattro amici. Se tardava anche solo uno di loro, usciva di casa e bussava alla sua porta finchè l'amico non le apriva e non la seguiva. Si accertava che fossero sempre uniti ed insieme, sempre. era eccitante, era stupendo. Le piaceva da impazzire avere degli amici per stare sempre con loro.
Ma ben presto, quando in un normale giorno di scuola si avvicinò a loro nel cortile come era solita fare appena arrivata, loro si allontanarono col capo chino, senza rivolgerle la parola.
Restò immobile, quasi shockata. Fissò tremante i quattro allontanarsi, senza che le vollero parlare. Si morse le labbra che quasi non uscì sangue, strinse i pugni fino a formare i solchi delle unghie nella pelle. La sua espressione si tramutò in disgusto.
No, non di nuovo, maledizione.
Maledetti. Per quale ragione? Perchè non capivano che voleva bene loro?
Poco distante, un'altra bambina si avvicinò ai suoi quattro amici con un aquilone. La bambina era molto bella, aveva i capelli molto chiari e gli occhi di colore diverso: sembrava quasi non essere umana.
Quando la bambina chiese loro di giocare, i quattro sembrarono fissarsi impauriti ma poi, osservando il dolce sguardo supplichevole della bambina, sorrisero e acconsentirono, seguendola e lanciando assieme l'aquilone, correndo per tutto il cortile tenendo salda la presa sulla fune.
Seguì con lo sguardo la scena. Il disgusto era salito alle stelle e tremava ancora dalla rabbia. Una mocciosa dai capelli bianchi che sembravano quelli di una nonnina si era avvicinata con tranquillità ai suoi amici e li aveva convinti a seguirla per giocare con lei.
Come si era permessa? Chi diavolo era e perchè i suoi vecchi amici l'avevano seguita senza pensarci su? Cosa aveva quella mocciosa che lei non aveva? Aveva un mediocre aquilone? Aveva degli occhi insoliti che avevano dapprima spaventato ma poi incuriosito i bambini? Aveva uno sguardo più dolce e amabile del suo?
Presero la rincorsa per far volare l'aquilone. Si alzò in aria, così soave e leggiadro, sembrava un uccello che spiccava il suo primo volo. Era bello e libero e sicuramente amato, a differenza sua. Kaname si mosse e corse loro dietro, inseguendo quell'aquilone. Lo voleva, voleva strappargli le stecche di legno e ordinargli di smetterla di volare, non poteva volare ed essere felice più di lei.
Mentre correva, però, scivolò nel fango e cadde a terra a pancia in sotto, sporcandosi tutta di terriccio.
I cinque bambini si fermarono, avendo sentito un tonfo dietro di loro. Nonostante il bambino con gli occhiali e la bambina più grande restarono fermi reggendo l'aquilone con freddezza, l'altro bambino si avvicinò a Kaname, seguito dalla bambina più piccola e dalla bambina dai capelli chiari.
Kaname alzò il viso, sporco di terriccio. Vide sfocati i bambini che si erano avvicinati a lei e la bambina strana. L'aquilone era volato a terra, così come lei poco fa. Ma lei era sporca, adesso. Aveva sporcato il kimono di seta che le aveva comprato suo padre, aveva il viso sporco di terra e fango e i capelli in disordine. Così nessuno poteva pensare che lei fosse una persona importante e nessuno le avrebbe mai portato rispetto. La regola numero uno era quella di essere carina e presentabile, la sua domestica glielo ricordava ogni volta che non voleva lasciarsi pettinare o che non voleva farsi il bagno.
La stavano vedendo conciata come una contadina: sporca e sudicia. Le vennero le lacrime dalla rabbia, e tutto per colpa di un aquilone, dell'aquilone così bello che l'aveva distratta, di quel giocattolo inutile che aveva allontanato da lei i suoi vecchi amici.
Li odiava di più.
Alzò lo sguardo solo per rendersi conto della bambina strana che aveva teso una mano verso di lei. Le voleva dare una mano, le stava dando la sua pietà.
Che schifo.
-No, Mitsuki-chan, Kaname non vuole essere mai aiutata...- disse il bambino accanto alla bambina dai capelli bianchi.
-E perchè mai? Guarda, è tutta sporca, perché non la aiutiamo a rialzarsi e a pulirsi? Poverina!- disse lei, osservando Kaname con sguardo pietoso. Le sorrise, cercando di aiutarla ad alzarsi e Kaname si issò sulle ginocchia senza rendersene conto, fissando ancora la bambina con sguardo vacuo e pensieroso. -ti sei fatta male? ...Kaname, vero? Vuoi che chiamo Keine-sensei?- le chiese, cercando di essere d'aiuto.
Kaname mise a fuoco la situazione in cui si trovava. Fissò i bambini accanto a lei e quelli in lontananza, tutti avevano uno sguardo pietoso e provavano compassione per lei, anche se solo quella bambina la stava aiutando. Sguardi pietosi, sguardi di compassione, come se fosse la povera figlia di un calzolaio rimasto senza lavoro. Non si meritava quegli sguardi, era forse una punizione divina?
Eppure guardavano in quel modo lei, la grande Kaname.
E quella stupida bambina dagli occhi strani le stava tendendo una mano con stampato in viso uno stupido sorriso insensato, quasi vittorioso, forse perchè voleva pavoneggiarsi di fronte ai suoi amici del fatto che Kaname aveva fatto una brutta figura e lei faceva la parte della bambina gentile d'animo nobile che la voleva aiutare.
Chi era la figlia del sindaco tra le due? Non lo era forse lei? Quella che aveva davanti a sé e che insisteva per porgerle il suo aiuto non era forse una inutile e stupida mocciosa?
Kaname non doveva essere compatita né aiutata, non ne aveva bisogno, lei era superiore a tutto.
Magari doveva essere lei, mossa da compassione, ad aiutare chi era in difficoltà e ad essere elogiata per questo, come accadde qualche tempo fa con una triste bambina che perse la sua bambola e piangeva, quando Kaname decise di regalarle una delle sue per renderla felice e tutti i presenti si complimentarono con suo padre per la bontà di sua figlia, affermando che sarebbe diventata una bella signorina dall'animo nobile e generoso.
Ma allora perchè si trovava così, sporca, inginocchiata a terra, sotto lo sguardo pietoso dei suoi vecchi amici e con una bambina molto bella che cercava di aiutarla?
Diede uno schiaffo alla mano tesa, alzandosi da sola. Le ci volle un grande sforzo per trattenere le lacrime. Era imbarazzata, afflitta, arrabbiata, nervosa e disgustata da quella situazione e ancor di più da quella bambina.
-Chi sei? Che vuoi da me? Io non ti conosco, perchè vuoi aiutarmi se non sei mia amica?- le chiese, con fare altezzoso. Non si sarebbe dovuta permettere di metterla in ridicolo davanti a tutti.
-Io sono Mitsuki, volevo solo aiutarti... se vuoi diventiamo amiche!- rispose, sorridendole e allungando di nuovo la mano, ma Kaname la schiaffeggiò ancora.
-Non voglio il tuo aiuto, non ti ho chiesto di essere mia amica! Puoi essere mia amica solo se te lo ordino io, capito?- le urlò, strofinandosi il viso con la manica ma ottenne solo di sporcarsi ulteriormente, cosa che la fece infuriare di più. Si passò una mano pulita sul viso, notando quanto fosse caldo. Era imbarazzata, stanca e probabilmente rossa. Non poteva pensare di essere davvero caduta così in basso, cosa avrebbero pensato di lei?
-Perchè dici così? Gli amici non si hanno se ordini a loro di diventare tuoi amici! Gli amici diventano amici tutti assieme!- cercò di spiegare l'albina, ma Kaname scosse il capo, irritata sempre di più.
-No, sono io che decido, perchè io sono la figlia del sindaco! E loro dovevano giocare con me e non con te!- disse, indicando i quattro bambini che, sentendosi presi di mira, distolsero il capo guardando ognuno in direzioni diverse. -Non avevo detto che potevano giocare con altri bambini, dovevano essere solo i miei amici! Ma invece sei arrivata tu e li hai convinti a giocare con te con la cattiveria!- urlò ancora, agitandosi.
-Io non ho fatto cattiverie, perchè dici queste brutte cose?- chiese Mitsuki, incredula.
-Sei cattiva, sei una youkai cattiva! Io lo so!- le urlò, indicandola come se fosse un'assassina. Le osservò il viso disteso, calmo anche se un po’ nervoso. Era davvero bella e tranquilla e i suoi amici erano dalla sua parte: come poteva averli ingannati? Con qualche potere soprannaturale? Di certo non era normale che una persona avesse i capelli così chiari a parte i nonnini. I suoi occhi erano disgustosi, le mettevano una tremenda ansia, doveva essere quello il suo potere, grazie a quelli poteva smascherare i suoi terribili malefici. -Si vede dai tuoi occhi, tu non sei normale! Sei diversa!- disse, indietreggiando. Non voleva che facesse qualcosa anche a lei, non doveva finire nella sua trappola.
Intanto, altri bambini curiosi avevano fatto capolino dal portone e dalle finestre della scuola dopo aver sentito le urla e stavano assistendo al litigio.
-Ma che dici!- obiettò l'albina, ma Kaname non riusciva a star lì sotto gli occhi di tutti e in quello stato: sarebbe diventata lo zimbello del villaggio.
-Aiuto, questa youkai vuole incantare anche me!- urlò, voltandosi e scappando via, piangendo.
Uscì dal cortile prima che la maestra Keine potesse vederla e tornò a casa, sporca e disperata.
La sua badante, una donna dalla carnagione un po’ scura e dai capelli corvini, che con lei era buona anche se abbastanza severa, la aiutò a svestirsi e a darsi una pulita.
-E' stata cattiva, cattiva!- disse Kaname, ancora rodendo di rabbia. Quella mocciosa era riuscita a rovinarle una intera vita. Non sarebbe stata più lodata, avrebbero riso di lei al suo passaggio, non avrebbe avuto più amici. Avrebbero preferito il bel visino di quella strana bambina e i suoi occhi dai poteri oscuri alla dolce e piccola Kaname.
A causa sua aveva fatto una brutta figura e non sapeva come fare per tirarsene fuori.
-Chi, signorina?- le chiese la sua badante, mentre la aiutava a rivestirsi.
-Quella bambina dai capelli quasi bianchi e dagli occhi diversi!- urlò Kaname. -E' una youkai cattiva, è venuta per portare via tutti i bambini e mangiarli!- continuò, cercando di trovare una scusa per l'accaduto, gettandosi sul letto e tuffando il volto nel cuscino, rimuginando. La sua badante la guardò perplessa.
-... La bambina con i capelli quasi bianchi... e occhi diversi?- ripetè pensierosa -Forse... è quella bambina che sopravvisse alla tragedia?- chiese. Kaname alzò la testa dal cuscino, fissando la sua badante con curiosità.
-La tragedia?- chiese.
-Si, quattro anni fa dieci bambini uscirono dal villaggio a causa della svista di un contadino che lasciò aperto un passaggio. Nove di loro morirono a causa degli youkai ma una sopravvisse.- raccontò la badante -Me lo ricordo, mia sorella maggiore perse sua figlia in quella situazione e odiava quella bambina perchè era rimasta viva. Al tempo la credevano tutti una youka poiché era davvero incredibile che fosse sopravvissuta una giornata intera nella foresta senza che nessuno youkai la trovasse.- spiegò, sedendosi sul letto accanto a Kaname che fissò la badante con curiosità sempre maggiore, tanto che si mise a sedere con una enorme sete di sapere.
-E perchè adesso non pensano sia una youkai cattiva? Io lo penso, è una youkai ed è venuta per ucciderci!- disse Kaname, chinando lo sguardo e apparendo triste. Se quella bambina aveva un passato nascosto poteva tornarle a suo vantaggio, doveva solo iniziare a convincere qualcuno che lei avesse ragione.
-Beh, Keine-san assicurò che quella bambina, Mitsuki Shiroyume, era sicuramente figlia degli Shiroyume, rispettabilissimi lavoratori e cuochi da generazioni che mandano avanti il White-Dream Reastaurant da secoli- disse la donna, che accarezzò i capelli della bambina.
Si scansò, pensierosa: Keine-sensei, c'era sempre lei di mezzo. Odiava come si preoccupava della sua solitudine, non voleva fosse un problema che la gente doveva sapere. Perchè aveva protetto quella bambina? Era sicuramente un mostro, figlia o meno di umani.
Ma quegli occhi, quegli schifosissimi occhi...
-Ma non è normale, no. Io l'ho vista negli occhi, ha uno sguardo malefico! Devono essersi impossessata di lei quando gli altri nove sono morti, è così che è andata!- disse Kaname, talmente sicura di sé che la sua badante sembrava quasi nervosa. -E' una youkai crudele, non gliela farò passare liscia, mai!- asserì, pensando all'accaduto: poteva togliersi da guai, poteva sistemare tutto, forse non era tutto perduto. La rabbia pian piano scemò e la bambina si tranquillizzò.
-Forse hai ragione....- disse la badante, pensando alla sorella e alla sua povera nipote. -Dopotutto è pur sempre strano che lei si sia salvata nonostante l’accaduto...- aggiunse, congiungendo le mani a mo’ di preghiera. -Quella bambina non è normale, no.-
Kaname sorrise trionfante.
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Re: Touhou Shanikusai: Stars & Hearts Carnival [NEW EDITION]
ç____ç povera Kaname
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Re: Touhou Shanikusai: Stars & Hearts Carnival [NEW EDITION]
Sbuca dalle fottute pareti D:Kira Lushia ha scritto:Keine-sensei, c'era sempre lei di mezzo.
Oddio, un po' stronza XDArcHeart ha scritto:ç____ç povera Kaname
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Re: Touhou Shanikusai: Stars & Hearts Carnival [NEW EDITION]
Bonus Stage - Invidie e Rancori ( parte II )
Il caldo era talmente forte che sembrava sciogliere la pelle, ormai invasa dalle gocce di sudore che scivolavano sul corpo. L'estate era una stagione sacra per i bambini, era la stagione più attesa quando si riunivano tutti attorno al laghetto del villaggio per nuotare e schizzarsi, con quei visini innocenti e i sorrisi stampati sul volto.
Si, era decisamente arrivata e alla fine l'atmosfera si sarebbe riempita di gioia e spensieratezza.
Eppure, anche quell'anno sapeva che non sarebbe andata così.
Seppur gli adulti sembravano tranquilli, molti bambini non lo erano. I più piccoli erano indifferenti alla tensione che si era stranamente venuta a creare, mantenevano il loro sorriso gioioso e si lasciavano trasportare dalla festa. I bambini più grandi, invece, erano nervosi.
Non quanto l'estate scorsa, questo era palese, però non erano felici. La scuola era una divisione di forze, un campo di battaglia, i bambini erano l'esercito di fazioni diverse. Tutto stava alla scelta dei soldati. Da che parte stare?
Ne era al corrente, ogni qual volta metteva piede in quella trincea. L'aria era pesante, le risate erano rare, gli sguardi impauriti erano parecchi, mescolati tra chi si sentiva sicuro di sé e chi faceva finta di nulla, pur trattandosi di bambini dagli otto ai dodici anni. Dov'era finita la spensieratezza di quei bambini?
Si osservò attorno, cercando di intravedere la causa di quel malessere collettivo. Lo sapeva, lo sapevano tutti quanti ormai, anche se ognuno raccontava una sua versione della storia.
Si trattava della bambina figlia del sindaco, quella certa Kaname, la quale era famosa per avere un caratteraccio. Si comportava male con gli altri bambini, sembrava voler sempre essere la padrona della situazione, la dea che comandava su tutto e su tutti. Eppure le cose erano radicalmente cambiate dall'anno scorso.
Si voltò verso l'aula della ragazzina e la riuscì ad intravedere, seduta al suo banco assieme ad altri bambini che ridevano e le saltellavano intorno.
Li osservò per pochi istanti, giusto il tempo da comprendere quando falsi erano quei sorrisi.
Era circondata solo da falsi amici che le correvano dietro come cagnolini sperando in un posto nel suo campo di battaglia, per essere sicuri di non essere attaccati da lei. Era una creatura spaventosa, quasi più di uno youkai.
Si avviò verso la sua aula, senza destare importanza ai mormorii dietro di sé. I bambini, ormai ragazzini, avevano perso interesse nei giochi e nel divertimento. quando mettevano piede in quella scuola dovevano guardarsi le spalle.
Dalla porta della classe intravide sott'occhio due ragazzini alti e minacciosi, dovevano avere circa tredici anni. Erano loro che più temevano.
Sorrise, un sorriso amaro. Quei due bruti picchiavano e imponevano la legge di Kaname, loro cugina, erano talmente spaventosi che nonostante tutto ciò che succedesse in quella scuola quasi nessun adulto era a conoscenza della situazione poiché i bambini preferivano tacere.
Ma Kaname non era la sola a controllare quella scuola peggio della mafia. C'erano anche molti neutrali che rimanevano indifferenti anche se picchiati diverse volte, altri che scampavano ai pugni quasi miracolosamente.
Estrasse il suo libro di storia e iniziò a leggerlo con attenzione. Non voleva entrare in quella storia, le sembrava una pagliacciata assurda ancor di più perchè tutti ci davano peso. Bastava che tutti avessero ignorato la megalomania della bambina per far si che la situazione tornasse normale.
Qualcuno stava urlando, probabilmente un'altra povera vittima. Capita che nel mondo esterno ci siano ragazzini che ne picchiano altri per farsi dare i soldi della merenda, ne aveva letto su un libro. Adorava leggere e approfittava ogni momento per farlo, così come in quell'istante, quando poggiò il libro sul banco per affacciarsi alla finestra. Sentiva chiedere pietà, sentiva il giuramento di fedeltà a Kaname e sentiva bambini che fischiavano, scatenando la furia dei bulli. Possibile che dei bambini di nove anni si comportassero in quel modo? Cosa c'era di così importante fuori al villaggio che aveva costretto Keine-sensei ad assentarsi per una settimana? Era lei che, nonostante fosse solo la maestra di storia, manteneva la tranquillità. Bastava la sua presenza per tenere a bada le anime scalpitanti dei bambini poiché gli altri maestri non ci riuscivano. Eppure si era assentata senza un apparente motivo.
Aveva sentito di una gara di Danmaku battle per recuperare un tesoro nascosto ma non aveva la minima idea di cosa voleva dire se non che tutti si divertivano a fare le gare mentre i bambini si pestavano.
Si voltò verso l'uscita e vi si diresse a passo spedito, senza badare ai bambini che la stavano insistentemente chiamando.
-Ehi, ascoltaci! Sei sorda?- incalzò una ragazzina dietro di lei.
Sospirò, seccata, voltandosi verso la bambina. avrà avuto si e no dieci anni, con i capelli biondo cenere e gli occhi rossicci. L'aveva vista poco prima nell'aula di Kaname, era una di quelle che le saltellava attorno.
-Kana-chan vorrebbe la tua amicizia.- disse -sei intelligente, bella e molto acculturata, saresti un'ottima amica.- spiegò la bambina.
-Un'amica non si valuta da certe piccolezze- rispose lei -ma dal carattere e dalle passioni. E non credo che "bella" rientri come categoria.- spiegò infine, voltandosi.
-Kitsuki-san! Non essere così smorfiosa! E' un'occasione importante!- urlò la bambina.
-Un'occasione? Diventare amica di un'ameba come Kaname? Grazie, direi di no.- rispose, scendendo le scale.
Sentì i passi allontanarsi e tirò un sospiro di sollievo. Odiava le battaglie, odiava quei bulli e odiava l'estate. Quando doveva esserci gioia e spensieratezza e adesso c'era solo nervosismo e collera. Per quale motivo?
Il motivo le venne addosso, costringendola a tenersi alla maniglia di una porta per non cadere a terra a causa dell'urto.
La bambina dai capelli albini si trovava a terra accanto alla sua borsa rosa. Si rialzò, passandosi la mano sulle guancie livide e rosse. Alzò il capo e la fissò, con aria dispiaciuta.
Hana sospirò, chinandosi per prenderle la borsa e aiutarla a sistemarsi.
-Mitsu-chan...un altro?- disse, indicando la guancia. La ragazzina si alzò ridacchiando.
-Non posso farci nulla, non sono riuscita ad evitarlo...mi ha preso con il destro, così...- spiegò, imitando una persona che sferrava un pugno. -...ah ma ti sono venuta addosso, ti sei fatta male, Hana-chan?- chiese, osservando l'amica la quale scosse il capo.
Si avviarono verso l'aula, in silenzio, rotto solo dalle urla dei bambini che strillavano fuori al cortile.
-quei due...ci sono oggi?- chiese l'albina, affacciandosi da una finestra. Hana parve ricordare.
-ah...si. Ci sono. Stai attenta!- esclamò, guardandosi intorno. Si ritrovò di fronte la ragazza coi capelli biondi.
-Oh... ma tu...- iniziò, indietreggiando con timore. L'albina si voltò verso di lei e tutte e tre le bambine rimasero in silenzio per qualche secondo. -Kitsuki-san, siete dalla parte di quel mostro, non è così?- chiese, tremando.
Hana la fissò con aria di sfida. La sua finta paura non la sfiorava, il "mostro" era solo una stupida invenzione di Kaname per terrorizzare i bambini, ma ormai erano in pochi a crederci davvero, nonostante lo scorso anno fosse stato un inferno per la sua amica.
-Tu sei una delle tirapiedi di Kaname, eh?- chiese Mitsuki -che fai ancora qui? guarda che ti mangio!! ... GNAAAAAAM!!! - urlò, avvicinandosi alla ragazzina che indietreggiò e scappò urlando.
Hana afferrò il braccio dell'albina e la tirò verso le scale.
-Anche oggi è inutile star qui, andiamo via prima che quei due ti trovino e ti concino per le feste come l'ultima volta!- si preoccupò Hana, la quale la trascinò fuori dalla scuola, correndo e zigzagando tra i bambini in giro per il cortile.
Arrivarono accanto all'entrata, fermandosi per riprendere fiato.
-Hana, non devi preoccuparti, guarda che al massimo me la cavo con qualche costola rotta...- spiegò l'albina, ridacchiando.
-Non fare la masochista! Guarda che fa male!- esclamò l'amica, arrabbiata.
-Masochista? Che vuol dire?- chiese curiosa l'albina, mentre camminavano verso casa.
-Significa che sei felice quando ti fanno male.- spiegò Hana.
-Wow, sai sempre tutto tu... e io non sono felice se mi fanno male, ma se non c'è altra scelta che devo fare?- spiegò l'amica.
La vide allontanarsi verso la stradina che portava al ristorante, mentre ricordava il suo triste sguardo quando fissava, dalla finestra di quel locale, i bambini che giocavano allegri e che si spaventavano appena la vedevano. Le si era avvicinata, l'aveva invitata a casa sua, era riuscita a farla sorridere. Era felice di aver conosciuto una persona così dolce e buona come Mitsuki. Di sicuro non era smorfiosa e arrogante quanto Kaname, che voleva far credere a tutti che fosse un mostro per via degli occhi di colore diverso e del fatto che lei era sopravvissuta miracolosamente ad una strage di anni prima.
La voce incuriosì e preoccupò molti, ma pian piano non le diedero più importanza e così si giunse all'attuale situazione. Kaname e chi le va dietro contro Mitsuki e chi crede in lei, tra queste due fazioni, c'erano i neutrali.
Sembrava proprio una guerra di come ne aveva lette nei suoi libri.
Si fermò, notando la borsa rosa che aveva inconsciamente portato con sé: era la borsa di Mitsuki che aveva afferrato quando era caduta a terra e si era completamente dimenticata di restituirgliela. Doveva tornare indietro per ridarla al suo legittimo proprietario per cui si voltò.
Fissò tremante davanti a sé la bambina dai capelli color amaranto che le si stava avvicinando con aria seria.
-Hana-chan, ti ho gentilmente invitata a diventare mia amica e cosa scopro? Stai con quella?- chiese, fissandola nei suoi profondi occhi verdi.
Hana distolse lo sguardo.
-Già, non vedo alcun problema.- rispose.
Kaname non era da sola, c'erano i suoi amichetti con lei ma non vi era traccia dei due cugini. Nonostante tutto, era in inferiorità numerica.
Un'amica di Kaname, alta e robusta e un suo amico con aria minacciosa la circondarono. Le loro intenzioni erano ovvie.
-Vuoi picchiarmi?- le chiese, urlando in modo che qualcuno potesse sentirla anche se si trovava in un vicoletto dove di solito non passava nessuno.
-Solo se non ti unisci a me.- disse Kaname, sorridendo in modo disgustoso.
-Non sarò mai come questi qui, che fanno finta di esserti amici!-
Lo sfogo o la rivelazione, qualsiasi cosa possa esser sembrata alla ragazzina smorfiosa, servì a procurare ad Hana un suo sonoro schiaffo.
Rimase ferma, con la guancia che le doleva, a fissare Kaname con sguardo stupito.
-Hana-chan!- urlò una voce dietro la banda. Kaname si voltò, conosceva quella voce disgustosa. Si ritrovò faccia a faccia con la mocciosa che odiava più di tutti, quella a cui sperava di aver rovinato la vita ma che in realtà sembrava esser risorta dalle sue stesse ceneri.
Mitsuki fissò Kaname che ricambiò lo sguardo serio. La tensione era salita, l'aria si era appesantita e gli amici di Kaname sembravano nervosi.
-...avevo dimenticato la borsa ma...- si avvicinò lentamente alla nemica -...cosa....hai fatto...alla mia amica?- chiese, lentamente.
-...una lezione.- spiegò Kaname.
Sembrava ci fosse un'atmosfera densa e quasi non riusciva a respirare, ma ciò che accadde lo vide bene. I tirapiedi di Kaname rimasero imbambolati, Kaname poteva sembrare sia spaventata che stupita, quando il pugno veloce dell'albina la colpì in pieno volto, spingendola a terra.
Ciò che le rimase impresso fu il sangue che colava dal suo naso, stranamente storto, e i bambini che scapparono piangendo.
Erano ancora bambini, dopotutto.
Erano tutti bambini.
Ma allora perchè tutto questo odio?
Passò ogni giorno da quel ristorante, pregando di rivedere Mitsuki al più presto, ma ogni volta e per un mese lei non c'era, non c'era mai.
Quando l'estate finì la rivide, era uscita di prigione.
-...ciao..- disse, salutandola con dolcezza dall'entrata del ristorante. Hana le corse incontro e l'abbracciò. -...nee Hana-chan... quella...come sta?...-
-Lei... le hai rotto il naso... non so se è guarita...- spiegò.
-Ah per fortuna...- esclamò l'albina -così si ricorderà cosa significa far male ai miei amici!-
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Re: Touhou Shanikusai: Stars & Hearts Carnival [NEW EDITION]
mi chiedevo... ma una bambina può stare in una prigione? D: *non lo sa*
mh, se avevo dato un microbo di punto stima a Kaname adesso glielo tolgo
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<(-)3 SHE WAS THEREla borsa rosa che aveva inconsciamente portato con sé
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Re: Touhou Shanikusai: Stars & Hearts Carnival [NEW EDITION]
Bonus Stage - Invidie e Rancori ( parte III )
Plic, plic.
Plic, plic, plic, plic.
Non ne posso più, smettila.
Plic, plic, plic, plic...
Perchè non fanno qualcosa?
Ero riuscita ad addormentarmi ma mi sono già svegliata. Il rumore delle gocce rimbomba nel mio cervello. Che mal di testa.
Fa freddo, ho solo una copertina sul futon. Potrebbero essere più gentili, sono solo una bambina. Mi odiano perchè ho picchiato quella stupida di Kaname? Non capiscono che è colpa sua?
Io faccio qualcosa per gli altri ed ecco il ringraziamento.
Almeno Hana sta bene.
Plic, Plic...
Ma va... ancora. Stavo per addormentarmi di nuovo. Non ci credo, è un incubo. Odio più quelle goccie che questa puzzolente camera di pietra.
Mh. C'è la luna. Vedo i raggi filtrare dalla finestrella lassù in cima. E' sbarrata, anche se riuscissi ad arrampicarmi non.... ma cosa vado a pensare? Dovrei dormire a quest'ora di notte e invece sto pensando ad assurdità.
La situazione è assurda e la gente è assurda. Sono tutti un branco di assurdi.
Però il futon è un pò caldo. Mh.
Plic.
E basta!
Non ne posso più, davvero. Ho i plic per la testa e fra poco immaginerò tanti plic correre per Gensokyo.
Sto diventando matta.
Sarà che ho mangiato solo una fetta di formaggio e una mela. Non sono molto ospitali qui.
Ma dopotutto è una prigione, no? E' così che dovrebbe essere una prigione, giusto? Non ci dovevo finire qui, dovevano dirmi che ero stata brava, che avevo protetto la mia amica e invece mi sono venuti a prendere e mi hanno trascinato qui dentro.
Keine-sensei ha detto di stringere i denti, io penso di dovermi stringere nella copertina perchè fa freddo.
Quanto è passato?
Oh, i segni sul muro fatti con la pietra. Mh.
Uno, due, tre... che noia contarli, saranno cinque. Forse sei o sette. Sette giorni che sto in questa camera... se esco fuori il sole mi brucerà, non vedo la luce da troppo tempo. Però non sono una vampira, magari lo sono diventata.
Forse sono morta ed è tutto un sogno.
Plic.
Maledizione. Cos'è questa luce?
Oh, è giorno. La luce si riflette sulla parete di roccia. E' più forte di quando c'è la luna, è sicuramente già mattina.
Yawn.
Una scodellina accanto alla porta. Quindi sono già passati a dare la colazione, saranno le nove allora.
Schifo, acqua tiepida. Io voglio l'acqua fresca ma qui non esiste.
Ho fame, ma si mangia solo a pranzo e a cena, niente spuntini. Inizio a credere che morirò fra poco.
Plic.
Ploc.
Plic.
Ploc.
Plic.
Ploc.
Ah. Sono una goccia.
Plic.
E' vero, te lo dico io.
Plic.
Non contraddirmi, ho ragione.
Plic, Plic.
Va beh, hai ragione tu.
Cri cri cri.
La signora cicala è un pò triste, senti?
Plic.
Già, magari perchè l'estate sta finendo.
Cri cri cri.
Non si preoccupi, andrà tutto bene. Tornerà l'anno prossimo e io sarò una goccia e una cicala e vi farò compagnia.
Plic.
Si, è proprio così.
Kero, kero.
Oh, ecco il signor rospo. Da quanto tempo!
Kero, kero.
Salve, come sta adesso? Passato una buona mattinata?
Fuuuuu.
Il vento è triste, dice che vuole portarmi via. Signor rospo, signora cicala, ci andiamo assieme?
Plic.
Oh, ovviamente anche tu gocciolina. Non ti lascio sola, sei la mia unica amica.
Plic, Plic.
Anche io ti voglio tanto bene, tu sei l'unica che mi capisci.
Kero, Kero.
Vero che verrai?
Kero.
Mi vuoi far conoscere tanti amici? Davvero? Che bello!
Cri, cri.
Anche tu sei mia amica, non mi sono dimenticata di te!
Non c'è il gattino di quel giorno?
Plic.
Quale giorno? Non lo so, non ricordo i giorni, non li distinguo.
Plic, plic.
Si, era simpatico. Spero che quei cattivi del villaggio non l'abbiano rapito.
Fuuuuu.
Vento, appena mi porti fuori facciamo male a tutti i cattivi? Così imparano a fare cose brutte!
Kero, kero.
Come dici? Anche a te hanno fatto cose brutte? ... gli umani sono brutte persone, io odio gli umani.
Plic.
No, io non sono umana, sono una goccia. L'hai scordato?
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Re: Touhou Shanikusai: Stars & Hearts Carnival [NEW EDITION]
ODDIO
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è il potere di Mitsuki!
che figata
è inquietante, triste, e boh, mi è piaciuto!
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Re: Touhou Shanikusai: Stars & Hearts Carnival [NEW EDITION]
Stage 36 - Richiamata dal Pianeta
Il fresco venticello mattutino risvegliò l’albina dal suo dolce sonno.
Nonostante i sonniferi continuava a sognare ma ultimamente i suoi sogni sembravano normali: a volte non li ricordava, altre volte sognava di fare una gara di volo con Marisa e altre di diventare una bravissima duellante di Danmaku.
Quel giorno non ricordava che sogno avesse fatto e non ci diede peso, tirò la mano verso il lato opposto del letto e accarezzò le lenzuola, rendendosi conto che la maga nera si era già alzata.
Aprì lentamente gli occhi notando che la stanza non era invasa solo dalla luce del sole ma anche da un bagliore intermittente che proveniva dall’altro lato.
Capì all’istante cosa fosse e si issò a sedere sul letto, voltandosi verso il fondo e notando Marisa seduta, già vestita e preparata, che sedeva accanto al comò dove si trovava il ciondolo della moglie. Il Melodic Prism stava brillando come suo solito e l’albina si chiese per quale motivo mentre stropicciava gli occhi per svegliarsi.
Si alzò, la camicia da notte ancora stropicciata e i capelli in disordine, camminò lentamente verso il mobile e sbadigliò.
-Buon giorno ‘Tsuki.- disse Marisa, esibendo un leggero sorriso.
-Giorno Hoshi- si avvicinò al comò e osservò il ciondolo che smise di brillare all’istante. –Aw, aspettavi che mi svegliassi? Che carino…- disse lei, prendendolo in mano. Marisa la squadrò senza fiatare per qualche secondo.
-… Nee ‘Tsuki… lo fa spesso?-
-Si, a volte.-
-…Hai capito perché? Oh almeno… hai mai capito cos’è da zé?-
-In realtà no… cioè, l’ho trovato per caso in soffitta e non so altro.- spiegò lei, sedendosi in braccio alla sua consorte.
-Beh, ma sai il suo nome. – Marisa la abbracciò e le aggiustò i capelli con una mano.
-… No, gliel’ho dato io il nome.-
Si fissarono negli occhi per qualche istante.
-Oh… molto fantasiosa.- ridacchiò. –L’hai trovato nella soffitta di casa tua, no? I tuoi dovranno pur sapere qualcosa da zé.-
L’albina distolse lo sguardo e fissò il suolo pensierosa.
-La notta prima del mio presunto matrimonio ricordo che i miei genitori erano preoccupati riguardo un oggetto che mia madre aveva risposto in soffitta per nasconderlo da me.- spiegò l’albina.
-Oggetto… soffitta… tutto quadra zé.-
-Il problema è che dicevano si trattasse di un oggetto maligno e che avrebbero fatto di tutto per cercarlo in camera mia e per portarmelo via… ovviamente nel caso me ne fossi appropriata.-
-Adesso non è importante.- disse Marisa, aiutando l’albina a issarsi e alzandosi a sua volta. –Adesso sei mia moglie e il Melodic Prism è tuo, però ci interessa sapere bene la sua storia, no?-
Prese per mano l’albina e l’accompagnò nel bagno dove l’aiutò a spogliarsi e a darsi una lavata con l’acqua dei secchi riempiti con cura ogni sera prima di andare a coricarsi. L’albina tremò, un po’ per il tocco con l’acqua e un po’ per l’idea di cosa sarebbe accaduto con i suoi genitori se avesse rivelato di possedere l’oggetto di cui avevano tanta paura, sempre che fosse proprio il Melodic Prism quell’oggetto di cui parlavano.
Dopo essersi asciugata e vestita entrambe scesero in cucina: Marisa era convinta di voler andare a parlare con i suoi genitori ma Mitsuki aveva paura. Non servì a nulla quanto potesse confortarla, era spaventata su ciò che sarebbe potuto accadere di lì a poco.
Reimu, Yukari, Yuuka e Tenshi avevano insinuato che Mitsuki fosse diversa ma nessuno si era degnata di spiegarle perché. Kagami le aveva detto di essere protetta, cosa di cui avevano discusso anche in presenza di Marisa qualche sera prima. Era da alcuni giorni, infatti, che Marisa stava svolgendo ricerche sul suo conto, rassicurando l’amata e cercando di scoprire qualcosa in più sulla fantomatica protettrice e sul Melodic Prism con il conseguente Prismaeon, ormai capace di evocarlo quando le faceva comodo.
La sete di curiosità di sua moglie era davvero enorme ma non erano solo un capriccio personale, l’albina sapeva bene che lo faceva anche per proteggerla e per scoprire qualcosa sul di lei. Eppure sin da piccola era stata una bambina come tante, come era possibile che ci fosse qualcosa nascosto in lei?
Come a volte capitava, Marisa portò Mitsuki sulla sua scopa durante il volo verso il villaggio. Spesso uscivano per fare passeggiate e la maga nera gradiva che la sua consorte viaggiasse con lei in modo che potessero parlare sotto voce. L’albina comprendeva quel desiderio, anche a lei piaceva stare accanto alla sua amata e il più delle volte si fermavano a mezz’aria per stamparsi sulle labbra un tenero bacio. Di tenero c’era solo l’atmosfera poiché la maga nera era abbastanza violenta e rozza anche in ambito affettuoso, però all’albina piaceva così com’era e sapeva che anche a Marisa piaceva il carattere testardo e pazzoide della sua sposa.
Da poco erano entrate in sintonia con Kagami, con cui ogni tanto chiacchieravano: ormai Marisa ci aveva fatto l’abitudine e aveva capito che si mostrava solo se chiamata, tutte le altre volte era assopita e non sapeva nulla di ciò che accadeva, per cui poteva stare tranquilla in modo che la sua privacy non venisse violata da una youkai spiona.
Ciò che la rattristò fu lo scoprire che l’abilità di trasfigurazione che Mitsuki aveva mostrato indossando l’abito nuziale non dipendeva dalle sue capacità ma da quelle della youkai. Sperava davvero che sua moglie fosse migliorata a tal punto e rimase delusa allo scoprire che non fu a causa della sua abilità.
Mitsuki, d’altro canto, non seppe cosa dire o fare in quella situazione: si sentiva imbarazzata e demoralizzata poiché anche lei sapeva che non si trattava di capacità personali ma dei poteri di un’altra persona. L’unica cosa che le risollevò il morale fu sapere dalla youkai degli specchi che aveva appreso quella capacità a velocità impressionante rispetto alle sue previsioni: Kagami era sicura che le ci sarebbe voluto un anno di convivenza per apprendere a pieno solo le basi di quell’abilità e invece, dopo soli pochi mesi, l’albina aveva materializzato dalla sua memoria un abito e aveva anche cambiato il suo aspetto acconciandosi e truccandosi.
Una cosa che incuriosì Marisa, tuttavia, fu la spiegazione sul potere totale della trasfigurazione che Mitsuki era in grado di apprendere: poteva cambiare completamente il suo aspetto e diventare una persona differente. Era una capacità davvero interessante e Marisa iniziò a leggere molti libri sull’argomento, non giungendo però alle conclusioni da lei sperate.
Quando l’albina uscì dai suoi pensieri erano già davanti il ristorante White-Dream.
Lo squadrò, riesumando dalla sua memoria i ricordi attinenti a quel luogo: era un ristorante abbastanza antico, apparteneva al nonno di suo padre e all’epoca si chiamava semplicemente “Shiroi Yume”, come il suo cognome. Con l’avvento della lingua inglese e la novità che incuriosiva la gente del posto, i suoi genitori decisero di cambiare il nome con la traduzione nella nuova lingua e così era rimasto fino a quel momento. Era uno dei due unici ristoranti del villaggio umano, situato ben distante dall’altro e con menu più costosi perché cucinavano pietanze più difficili e ricche di particolari rispetto all’altro.
Aveva sempre lavorato lì sin dalla sua infanzia e per questo lo odiava con tutto il suo cuore.
-Entriamo da zé- disse la maga nera, infilandosi senza indugi dentro l’edificio e trascinandosi dietro la moglie ancora confusa e pensierosa. –Si può? C’è qualcuno zé?-
La donna dai capelli castani non si fece attendere, apparve dalla cucina e non fu molto sorpresa nel vedere le due ragazze all’interno del ristorante.
-Venite.- disse Sora, conducendole nella sala pranzo e facendole accomodare davanti una buona tazza di tè. –Sapevo sareste venute, prima o poi.- disse Sora, sorseggiando il suo tè mentre Tatsuya spuntava dall’uscio e si univa al gruppetto.
-Dopo che Kirisame-san ci ha avvisato, non vi erano dubbi.- il padre, che in quel momento aveva un’aria meno severa del solito e una voce poco burbera anche se sempre profonda, prese la sua tazza di tè e imitò la moglie.
-Mio padre?- chiese Marisa, perplessa.
-Ci ha detto del vostro matrimonio.- spiegò l’uomo, osservando l’anello che entrambe portavano al dito.
L’albina, imbarazzata, ritirò la mano e sorseggiò in silenzio dalla sua tazza.
-Beh era scontato, qui le notizie volano in fretta zé- anche la maga nera bevve il suo tè con velocità, tanto che con un sorso sembrò quasi finire la tazza.
-Eravate venute qui… per dirci questo?- chiese la donna, osservando sua figlia con sguardo dolce.
Mitsuki poggiò la tazza di tè su tavolo.
-No, non esattamente.- disse, staccando il Melodic Prism dal fiocco e poggiandolo sul tavolo. –Lo riconoscete?-
La reazione dei due lasciò perplessa l’albina. Sora fissò il ciondolo pensierosa mentre il padre scosse il capo.
-Cos’è? Un nuovo acquisto?- disse lui, poggiando la sua tazza –Sembra prezioso.-
-Aspetta… volete dire che non avete mai visto questo ciondolo da zé?- chiese Marisa, perplessa anche lei.
-Mh potrebbe essere…- Tatsuya si voltò verso la moglie che aveva appena parlato, anche Sora si voltò verso il marito ricambiando lo sguardo. –Caro… non è forse la pietra?-
L’uomo si voltò nuovamente verso il ciondolo, lo squadrò per pochi secondi e poi tornò a rivolgersi alla moglie.
-Tesoro, come puoi pensarlo? Non vedi che si tratta di un ciondolo pregiato?-
-Certamente, però anche la pietra aveva la forma di un cuore.- disse lei, incupendo il suo sguardo.
-Ma questo sembra tutto fuorché una pietra.- concluse lui.
-Beh… ha delle pietre dentro, però…- intervenne l’albina, indicando la preziosa acquamarina incastonata a forma di nota musicale.
La donna sorrise.
-Non parliamo di pietre preziose, quell’oggetto era proprio una pietra… un sasso… a forma di cuore.-
-Un normale sasso grigiastro come tanti altri, solo che aveva una forma e sembrava lavorato.- spiegò il padre.
-Ah… capisco.- l’albina tirò via il Melodic Prism e lo avvolse nuovamente al fiocco, fissandolo al centro, mentre Marisa la osservava pensierosa.
-E’ strano però… quest’oggetto è stato rinvenuto nella soffitta di questo ristorante, qualcuno deve pur avercelo messo da zé.-
-In soffitta?- chiese l’uomo all’improvviso, voltandosi verso la moglie con sguardo stupito.
-Per caso era dentro il cassetto di un mobile in legno?- chiese la madre, curiosa e preoccupata. L’albina fissò entrambi, mordendosi le labbra per l’imbarazzo.
-Si, era un mobile simile. Dentro c’era anche un libro di magia.- spiegò.
Sora sussultò, portandosi una mano davanti alle labbra, mentre Tatsuya fissò sottecchi la moglie con curiosità.
-L’avevi messo accanto al tuo vecchio libro di magia?- chiese lui, osservando la donna annuire.
-… il suo vecchio libro di magia?- l’albina rimase interdetta per alcuni istanti, cercando di entrare in un discorso che sembrava interessarle –Era tuo, madre?-
Dopo alcuni istanti di silenzio la donna annuì nuovamente e si decise a parlare.
-…Ho sempre amato la magia, la stavo studiando da ragazza. Ero in grado di fare qualcosa… cose di poco conto che però mi rendevano entusiasta.- spiegò.
-Perché hai smesso di studiare se ti piaceva?- L’albina non capì per quale motivo rinunciare a qualcosa che piacesse, dopotutto lei era andata avanti per la sua strada e con le sue sole forze.
-Un po’ per il matrimonio con tuo padre e il lavoro, un po’ per altri fattori…- spiegò la donna, sospirando.
-Cioè hai deciso di non studiare più per questo? Ma era una cosa che ti piaceva fare!- l’albina sembrò scaldarsi e si stava issando quando Marisa la tirò per il braccio, rimettendola a sedere. L’albina la squadrò, sembrava seria.
-Mitsu… io amo tuo padre e il lavoro è importante per mandare avanti la famiglia.- spiegò sua madre, abbozzando un sorriso -… e per dare un futuro anche ai nostri futuri figli… ovvero te.-
Mitsuki chinò il capo, pensierosa. Tutto ciò che sua madre aveva detto era un insegnamento importante per la vita: rinunciare a ciò che piace per amore e per un futuro. Eppure lei aveva scelto qualcosa che le piaceva fare e in quella stessa scelta aveva trovato sia l’amore che il futuro.
-Poi… non c’è solo questo.- continuò la donna, scuotendo il capo. –Ho sempre continuato a leggere e a provare ogni tanto, per divertimento. A Tatsuya non è mai dispiaciuto e io ero felice così.- spiegò.
-E quindi?- intervenne Marisa, curiosa. –Cosa è successo che ti ha fatto decidere di smettere zé?-
-La paura.- stavolta a rispondere fu Tatsuya.
Le due ragazzine restarono in silenzio ad osservare i due coniugi che si scambiavano alcune occhiate, prima che Tatsuya decidesse di continuare la spiegazione.
-Abbiamo avuto paura che la magia potesse portarti via da noi.- concluse.
-…Così è successo… ma… io vi voglio ancora bene…- spiegò l’albina, mordendosi le labbra. –Ho solo scelto di fare cosa volevo, nella mia vita.-
-Non è questo.- intervenne Sora –Così va bene, certo… sicuramente. Siamo felici per te e che tu stia bene come sono felice del fatto che tu venga a trovarci…- spiegò la donna –Noi temevamo che tu andassi via… per sempre…-
-Perché avrebbe dovuto?- chiese Marisa, incrociando le braccia.
Sora sospirò, fissò il marito per altri istanti e poi parlò di nuovo.
-La notte in cui venisti al mondo erano tutti in sala per festeggiare l’evento… c’erano i tuoi nonni, gli amici, il dottore. Di solito accade così con i nuovi nati, visto che è un villaggio piccolo.- spiegò Sora, abbozzando un dolce sorriso e fissando la sua tazza come immersa nei ricordi. –Erano in sala a parlare mentre io, che ero stanca per il parto, mi trovavo in camera e tu eri accanto a me, piccola e addormentata. Tatsuya era salito per controllare che mi sentissi bene e per starmi vicino.- continuò a spiegare. L’albina immaginò la scena e quasi le non le vennero le lacrime agli occhi. –Fu allora che accadde.-
-Cosa… cosa accadde?- chiese Mitsuki, ancora emozionata. Sora scosse il capo, sospirò e tornò a raccontare.
-…Una luce abbagliante… era una donna, una donna in bianco. Non riuscimmo a vederla bene a causa della luce, ricordo solo i suoi intensi ma dolci occhi fiammanti e le sue grandi ali bianche come quelle di un angelo.- spiegò, sotto la commozione generale. –Eravamo spaventati ma la voce dolce della donna ci tranquillizzò. Fu lei a darci quella pietra dicendo che era un porta fortuna per te, che ti sarebbe potuto servire.-
-Un angelo è apparso quando è nata Mitsuki e vi ha dato la pietra…?- ripeté Marisa incredula. –Sembra una storia religiosa.- aggiunse.
-Non ricordo esattamente cosa disse, ricordo solo che sosteneva qualcosa su di te.- continuò Sora, lisciandosi i capelli.
-Disse che potevi essere una bambina ‘chiamata dal pianeta’ e che forse avevi delle capacità strane.- intervenne il padre.
Marisa e Mitsuki si guardarono perplesse, Marisa sembrò seria ma Mitsuki era davvero spaventata per il racconto.
-Ci disse di badare a te perché eri una probabile… quello che aveva detto, insomma. – continuò Tatsuya.
-Avevo paura… queste capacità di cui parlava, se si fosse saputo ti avrebbero mandata fuori, potevi essere pericolosa ma tu eri solo una bambina.- Sora tremò, il marito la prese tra le braccia e la rassicurò accarezzandole la schiena.
-Anche il fatto che potevi essere chiamata dal pianeta era una definizione spaventosa.- continuò l’uomo –Cosa poteva significare? Noi pensavamo che potevi morire giovane… perché la definizione sembrasse indicare le anime dei morti che tornano alla terra.-
Sora scosse il capo, tristemente, staccandosi dalle braccia del marito.
-Ero davvero afflitta, anche quando ho visto che i tuoi capelli erano così chiari, Oh dèi, avevo paura che sarebbero diventati presto bianchi, che saresti morta…-
L’albina si alzò e si avvicinò alla madre, abbracciandola.
-Madre, io sono qui! Sono albina, è normale che abbia i capelli così chiari, non devi temere!- disse, cullando Sora che era triste ma sembrava rincuorata nell’abbracciare la figlia.
-No, tesoro… no…- disse lei, staccandosi dalla figlia. –No, tu non eri così, quando eri piccola eri bionda, i capelli erano cenere, come quelli di tuo padre…- spiegò, asciugandosi le lacrime.
Mitsuki fissò i genitori con sguardo perplesso, incredula e stupita dall’affermazione della madre.
-Bionda… io?-
-Si, assolutamente.- asserì il padre. –Gli occhi di colore diverso non erano un problema, anche tuo nonno ha avuto questa manifestazione, non sei l’unica. Ma albina… eri così bionda, di solito quando si è piccoli si hanno capelli più chiari e crescendo si scuriscono ma a te avvenne l’opposto e non capivamo… a quattro anni avevi già i capelli molto chiari, eri albina ma non così…- continuò suo padre –A otto anni, poi, erano come li hai adesso, chiarissimi. Sembrava che più passasse il tempo più si schiarivano… però, per fortuna, non sono diventati bianchi e ormai è passato molto dai tuoi otto anni, forse lo schiarimento si è fermato, forse era solo la crescita.-
Mitsuki si avvicinò a Marisa, barcollando, sedendosi al suo posto dov’era poco prima. La moglie la abbracciò, sostenendola e sussurrandole di stare tranquilla nonostante lei si sentiva confusa.
Nella sua testa continuava ad immaginarsi la donna angelica e le sue parole, la pietra che adesso era il Melodic Prism ed il fatto che da piccola era bionda. Non sembrava un particolare così importante ma era incredula del fatto che non fosse stata sempre albina.
-Quindi… è tutto qui?- chiese Marisa, fissando i due. –Ci sono altri particolari che ricordate da zé?-
Tatsuya scosse il capo ma Sora parve svegliarsi dai suoi pensieri.
-Si, c’è una cosa.- disse lei –Sin da piccola dicevi di sentire delle voci… io pensavo fosse normale per una bambina parlare da sola, avere amici immaginari. Lasciai andare, anche a cinque anni poiché Kitsuki-san mi aveva detto che anche Hana affermava di parlare con delle voci e così anche altri… era normale, almeno finchè non avevi compiuto otto anni e continuavi ad affermarlo.- spiegò, sospirando.
Mitsuki ascoltò in silenzio finché non venne colpita da una affermazione della madre: Hana diceva di sentire delle voci? Tuttavia lo stava spiegando, anche altri bambini lo facevano, forse Hana parlava da sola come tutti i bambini di quell’età.
-Era solo un capriccio, Sora.- disse l’uomo, annuendo quando la moglie si voltò a fissarlo. –tutti i bambini vogliono attirare attenzioni, anche per lei era così e mi sembra anche ovvio dato che è sempre stata chiusa nel ristorante.-
L’albina fece per parlare ma Sora intervenne nuovamente.
-No, Tatsuya. E’ successa una cosa… che ricordo.- disse lei, tornando a voltarsi verso la figlia. –Quel giorno… Mitsuki si svegliò strana… non voleva mangiare, non voleva uscire con gli amici, diceva che le voci le avevano detto che sarebbe successa una brutta cosa e che doveva restare a casa.- spiegò lei. –Ovviamente non le diedi molto credito e quando incontrò i suoi amichetti dimenticò tutto e andò a giocare con loro, dopotutto era solo una bambina.- Sora chinò lo sguardo, pensierosa -…Quel giorno, quando ci chiamarono alla sera per dirci cosa era successo, mi sentì mancare.-
-Stai parlando di… quel giorno?-
-La tragedia.- intervenne Marisa, guardando i presenti.
-…si, era proprio quel giorno.- affermò Sora. –Era sopravvissuta, lei… solo lei.- si passò una mano tremante tra i capelli castani –Mi aveva avvertito… aveva detto che le voci l’avevano avvisata… ho pensato che se avessi preso quell’avvertimento sul serio forse… quei bambini non sarebbero morti!-
-Sora, come potevi farlo?- Tatsuya si voltò verso la moglie e le poggiò le mani sulle spalle –Non potevi saperlo, erano le parole di una bambina di quattro anni! Come potevi sapere che quelle voci erano vere, che dicevano la verità?-
-Però… se le avessi prese in considerazione anche solo un po’…-
-Sora, probabilmente è stata solo una coincidenza! Quelle voci non esistono.- continuò l’uomo.
-Certo che esistono.- intervenne l’albina. I genitori si voltarono verso di lei con sguardo perplesso. –Io le sento, sempre. Sono le voci dei defunti e le voci di tutto il mondo… non capisco perché ma ci sono… in determinati momenti…- spiegò, annuendo. Si voltò verso Marisa e notò che stava sorridendo.
-Mitsuki… ma allora tu…- Sora non fece in tempo a parlare che Marisa si era già alzata.
-Suppongo che sia tutto, giusto?- chiese, osservando la donna annuire. –Bene… troppi shock per oggi, meglio tornare a casa a mangiare qualcosa di buono e a divertirsi un po’.- affermò, osservando l’albina che aveva un’espressione mista tra triste e perplessa.
-Aspettate…- Sora si alzò e scortò le due ragazze all’ingresso assieme all’uomo. –Io… vorrei dire una cosa.- La donna fissò suo marito che sospirò per poi annuire. –Mitsuki… noi ti vogliamo sempre bene e te ne vorremo sempre…-
-Si madre… lo so.- disse lei, ancora abbastanza sconvolta ma abbozzando un sorriso. La madre le si avvicinò e la abbracciò con calore.
-Io devo dirti una cosa importante…- accarezzò i capelli della figlia e la osservò con dolcezza. –Mi dispiace non sia successo prima, magari quando eri più piccola…-
Mitsuki scosse il capo, perplessa. Cercò di capire cosa le stava dicendo e restò in silenzio ad osservare gli scambi di sguardi pieni di complicità dei suoi genitori.
-Beh… il fatto è che presto avrai un fratellino.-
-…Cosa?- l’albina parve risollevarsi un po’, il suo sguardo si illuminò e sorrise sinceramente. –Sul serio?! Avrò un fratello?-
La madre annuì con dolcezza.
-Non so se sarà maschio o femmina, sono incinta da circa cinque mesi… ma sono felice che ti faccia piacere.-
L’albina annuì raggiante e anche Marisa stava sorridendo, sembrò felice per la notizia per cui si congratulò con loro.
Dopo circa cinque minuti di allegria e di abbracci, le due spose salutarono i proprietari del White-Dream e si diressero verso casa. Nonostante il lieto annuncio, però, dopo un po’ l’albina tornò a pensare al discorso serio avvenuto prima e la sua espressione mutò a velocità record, tornando pensierosa e triste.
Restò in quelle condizioni anche durante il pasto, mentre Marisa si limitava a fissarla senza dir nulla finchè non avevano finito di mangiare.
-‘Tsuki… svolgerò qualche ricerca e cercherò di capire chi è quell’angelo e chi altri lo ha visto da zé.- spiegò lei, aiutando la moglie a sparacchiare.
-Chi altri dovrebbe averla vista?- l’albina la fissò perplessa mentre bagnava i piatti e li puliva con un panno.
-Ha detto che potevi essere una bambina “come-cavolo-ha-detto-lei” quindi, dato che potresti, ce ne saranno altre di candidate, giusto?-
-…Suppongo di si…- asciugò i piatti e li rimise a posto nella credenza quando sentì Marisa che la abbracciò alle spalle.
-Tranquilla zé… ti proteggo io.-
-…Saresti la terza persona che me lo dice… all’incirca…-
La maga nera si staccò dalla sua schiena e l’albina si voltò verso di lei.
-…Chi altro ha detto che vuole proteggerti?- chiese, improvvisamente con sguardo serio –Dimmi chi è che gli spacco la faccia da zé!-.
-Ma no… era solo Reimu… e Yukari suppongo volesse proteggere Gensokyo da me…- spiegò, abbozzando un sorriso per la reazione della moglie.
Le due si guardarono negli occhi per qualche istante senza parlare, Marisa si avvicinò all’albina e la baciò con la sua dolcezza.
-Solo io… solo io ho il diritto di proteggerti da zé.-
-… E io voglio proteggere te… ma non ne sarei in grado.- Marisa fissò perplessa l’albina per poi scoppiare a ridere e Mitsuki si offese, esibendo il suo famoso sguardo offeso-ma-carino.
-Non ho bisogno di essere protetta zé, sono abbastanza forte per entrambe!- esclamò la maga nera, stringendo a sé l’albina che tornò subito a rasserenarsi, dimenticando tutto ciò che era successo poiché non le importava più nulla quando era tra le braccia della persona che amava più di tutte.
-Ti amo, Hoshi…-
-Oh, anche io ‘Tsuki.-
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Re: Touhou Shanikusai: Stars & Hearts Carnival [NEW EDITION]
A) sono felice per la riconcigliazione coi genitori
B) lo ammetto, Sora Mahoshoujo era TOTALMENTE UNESPECTED
C) IL FINALE! *si decompone*
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Re: Touhou Shanikusai: Stars & Hearts Carnival [NEW EDITION]
Stage 37 - Non voglio più essere sola
Le giornate assurde iniziavano sempre così: apriva gli occhi e si ritrovava per terra con le gambe all’aria e la coperta scivolata dall’altra parte; guardandosi allo specchio notava bernoccoli apparire all’improvviso e occhiaie che a momenti le arrivavano fino al mento; scendendo le scale capitava che dimenticasse di evitare l’ultimo gradino, pericolante, ma puntualmente ci metteva sopra un piede e si ritrovava con la faccia a terra; quando assaggiava la colazione quasi non sputava tutto, accorgendosi di aver scambiato il sale e lo zucchero.
L’albina si accasciò al tavolo, stremata nonostante si fosse svegliata da soli venti minuti, quando notò un biglietto bianco con una scritta in inchiostro nero che spiccava sul candido sfondo.
Lo lesse, sbadigliando: era di Marisa, la informava che sarebbe stata fuori fino a sera.
Lo sospettava, capitava che Marisa si assentasse per tutta una giornata quando si alzava di mattina presto e lei non si era svegliata quando sua moglie era uscita di casa.
Svogliatamente si issò dalla sedia e si diresse in bagno, dandosi una veloce lavata e pettinandosi come si deve. Si vestì, infilandosi l’abitino rosa e avvolse il laccio del Melodic Prism al fiocco, incastrandolo al centro come faceva di solito.
Scese nuovamente verso il salotto, maledicendo il gradino che l’aveva fatta inciampare e si gettò sul divano, sbuffando. Non aveva idea di cosa fare quel giorno e diede un rapido sguardo in giro alla ricerca di qualcosa che la potesse intrattenere per cui si issò, diretta ad uno scaffale pieno di libri di storie. Diede loro un veloce sguardo: li aveva ormai letti tutti e non aveva voglia di rileggerli.
Quando si voltò notò di sfuggita il calendario e si rese conto di che giorno fosse: era il suo compleanno.
-Ossantocielo!- esclamò, incredula, se ne era completamente dimenticata nonostante nella sua vita non era mai successo che si dimenticasse del suo compleanno. Doveva essere davvero molto impegnata e presa da quella sua nuova vita che dopotutto era decisamente più movimentata della sua precedente, dove lavorava come cameriera fino a sera e poi andava a dormire, sette giorni su sette.
Incrociò le braccia, pensierosa. Marisa era uscita e si sarebbe persa il giorno più importante della sua mogliettina, il che le dava alquanto fastidio ma come poteva biasimarla? Non glielo aveva detto in quegli ultimi giorni e non seppe neppure ricordarsi se l’anno prima glielo avesse accennato.
Decisa ad uscire per passare quel bel giorno con i suoi amici, prese la sua scopa e chiuse la porta, alzandosi in volo e decidendo di recarsi al villaggio.
Ricordò che la settimana prima era stata lì con Marisa per parlare ai suoi genitori del Melodic Prism e le avevano rivelato cose incredibili sul suo passato: la donna angelica, la pietra, il fatto che non era nata albina. Tuttavia, il sapere che presto avrebbe avuto un fratellino o una sorellina la rendeva molto felice e aveva spesso fantasticato sul come poteva essere di aspetto e di carattere.
Canticchiando e fantasticando, arrivò al villaggio dove si diresse senza indugi dal fornaio, saltellando a causa della sua gioia. La sua vita era davvero cambiata in meglio e non desiderava nulla di più che quello che aveva già: sua moglie, la donna che più amava di tutti, la magia, gli amici, la musica.
-C’è Hana?- chiese al fornaio, un uomo sulla quarantina con i capelli scuri e un paio di baffi che rendevano stranamente il suo viso più simpatico. L’uomo indossava un camice bianco per non sporcarsi e stava sfornando delle pagnotte calde, quando si sentì chiamare si voltò verso la ragazzina.
-Oh, Mitsuki-chan! Mi dispiace ma Hana non c’è, è uscita presto.- spiegò l’uomo, ponendo il pane sul tavolo. L’albina sospirò, delusa.
-Non sapete proprio nulla? Magari dove è andata, non so…- chiese speranzosa al padre dell’amica.
-Mi dispiace, non ne ho idea!- l’uomo scosse il capo e tornò ad impastare.
L’albina si avviò verso l’orfanotrofio, conscia del fatto che non andava spesso a trovare Natsu e aveva paura che per lei apparisse come un ripiego. Si era più volta promessa di chiamarla più spesso ma alla fine non capitava molto al villaggio se non per incontrare i suoi genitori o Hana stessa, alla quale faceva più affidamento poiché era la sua amica d’infanzia.
Arrivò di fronte l’enorme portone di pietra, chiedendosi se fosse o meno il caso di bussare. Sospirò e scosse il capo, convincendosi che fosse la cosa migliore: dopotutto non voleva passare quella giornata così importante da sola e voleva radunare i suoi amici per una festicciola improvvisata.
-Yukishiro-san! C’è Natsu?- chiese, esibendo un radioso sorriso.
Ma la proprietaria dell'edificio scosse il capo, non mancando di sorridere come faceva sempre: con dolcezza ed educazione.
-Mi dispiace ma è uscita presto, stamattina.- il sorriso dell'albina sfumò all'istante e si sentì improvvisamente stupida.
-...Forse è uscita con Hana?-
-Non saprei, non ha detto nulla.- spiegò la donna -Hai bisogno di altro? Posso esserti d'aiuto?-
-No, no... la ringrazio...-
Sia Natsu che Hana erano uscite presto, l'albina non sapeva se erano solite a vedersi in quel modo e si rese conto troppo tardi che poteva chiederlo alla donna.
Era quasi sicura che fosse uscita con Hana e si chiese dove potevano essere andate, sapeva che Hana avrebbe dovuto ricordarsi del suo compleanno, se ne ricordava sempre ogni volta e festeggiavano assieme. Aveva anche pensato che magari le volevano fare una sorpresa ma quando tornò a casa non vi trovò ancora nessuno e si rassegnò all'idea che le amiche fossero state prese da qualche impegno improvviso e che Hana non doveva averci pensato.
Non era il caso di rimanere seduta a non far nulla, si diede ulteriore coraggio e decise di andar a fare visita a Mayumi per vedere come stava. Afferrò la scopa e si diresse senza indugi alla Koumakan, salutando la guardia cinese e sfrecciando nella biblioteca.
-Patchouli-san, Patchouli-san!- urlò alla maga lilla che sedeva al centro, dove era solita a stare sempre. -Patchouli-san, buon giorno! Sono venuta a trovare Mayumi!- affermò, avvicinandosi alla maga della conoscenza la quale alzò lo sguardo e la osservò curiosa.
-Non è qui, è andata al tempio.- spiegò lei, tornando al suo tomo.
Mitsuki, delusa di non aver trovato nemmeno Mayumi, si decise ad andare al tempio per incontrarla lì, magari avrebbe potuto passare la giornata con lei e Reimu e chissà, forse c'era anche Suika con loro.
Salutò Patchouli e si diresse verso l'ingresso della tenuta Scarlet dove incrociò nuovamente Meiling. La cinesina dai capelli rossi e dall'abito verdastro era a guardia della villa da parecchi anni. Non sapeva molto di lei tranne che spesso si addormentava sul lavoro e che Sakuya era il suo “capo”.
Senza pensarci su si sedette accanto al cancello, Meiling la osservò stranita e sembrò non sapere cosa dire.
-Sei sempre qui a fare la guardia... ma non ti annoi?- chiese l'albina, portando le mani dietro di sé per appoggiarsi a terra e alzando il capo per osservare il cielo limpido di quella tranquilla giornata.
La cinesina sembrò perplessa di ricevere una domanda simile e ci pensò su per qualche secondo.
-Mh... no, è il mio lavoro.-
-Non hai giorni di vacanza?-
-...Giorni di vacanza?- la guardia parve spaesata, probabilmente non ne aveva mai avuti e non ci aveva mai pensato. -Mah... direi di no.-
-I tuoi datori di lavoro sono sfruttatori, meriteresti un po' di tempo libero per fare quello che ti piace.- spiegò la maga rosa ridacchiando.
-No, Sakuya-san non è poi... così... ecco...- Meiling parve confusa e l'albina, notando che la guardia era in difficoltà, si affrettò nel cambiare argomento.
-Sai, oggi è il mio compleanno.- le disse, alzandosi in piedi e stiracchiandosi.
-Oh, auguri.-
-Però... non c'è nessuno con cui possa festeggiarlo.- continuò, fissando tristemente il cielo.
-Mi dispiace... vedrai che qualcuno salterà fuori.- disse lei, portando le braccia dietro la schiena e appoggiandosi al muro.
-Stavo giusto andando al tempio per vedere se c'era qualcuno con cui passare la giornata.- disse l'albina, salendo in groppa alla sua scopa.
-Oh, buon viaggio allora.- le augurò la guardia, portando la mano verso il capo in segno di saluto.
L'albina le sorrise.
-Sei simpatica, sai? Dovremmo parlare più spesso!- disse, annuendo.
-No, no. Io devo lavorare, altrimenti Sakuya-san se la prenderà con me!- si affrettò a rispondere.
Mitsuki ridacchiò e si alzò in volo, diretta al tempio Hakurei. Non faceva molto caldo, una leggera brezzolina spirava anche a quell'altezza e il sole si alternava dietro le nuvole. L'estate era prossima al termine e presto l'autunno avrebbe fatto il suo ingresso.
Quando arrivò al tempio planò all'ingresso e notò che c'era la solita Suika stesa addormentata e mezza ubriaca. Le si avvicinò ridacchiando per poi entrare dentro, cercando la sacerdotessa e l'amica.
Controllò anche nel retro per vedere se si trovassero al deposito ma di Reimu e Mayumi non vi era nessuna traccia.
Tornò all'ingresso ed iniziò a percuotere Suika, pregandola di svegliarsi.
-Ehi, Suika, sveglia! Dov'è Reimu? Dove sono tutti?- chiese Mitsuki, ormai abbastanza preoccupata.
Suika aprì un occhio e sbadigliò sonoramente.
-Aw... tutti...? Reimu? … Bah, che ne so.- si girò e si riaddormentò in pochi secondi, lasciando l'albina stupefatta.
Cosa stava succedendo?
Sapeva che Marisa era uscita presto, poteva essere a causa di qualche problema con degli youkai? Se fosse stata colpa di un incidente allora anche Reimu si sarebbe mossa. Ma cosa centrava Mayumi? Non era forse uscita per giungere al tempio?
Probabilmente era la sua idea iniziale, forse vedendo che non c'era nessuno aveva cambiato programma e si era diretta altrove.
Ma dove?
L'albina afferrò nuovamente la scopa e riprese il volo dirigendosi verso la foresta di Bambù alla ricerca di Reisen e Tewi. Magari potevano saperne qualcosa o avrebbero potuto darle una mano per capire cosa stesse accadendo a Gensokyo e dove erano finiti tutti.
Planò giusto davanti all'Eientei e per poco non investì una povera coniglietta malcapitata. Si scusò senza darle retta e si infiltrò nell'enorme edificio giapponese, cercando le conigliette e la dottoressa.
Trovo Eirin impegnata con un bambino che si era ferito sul braccio: al momento si spaventò, era un taglio bello largo e Mitsuki non era abituata alla vista di tanto sangue, pensò dovesse far davvero male.
Decise di non disturbarla mentre svolgeva il suo lavoro e si allontanò, sedendosi in un angolo e aspettando che completasse la visita.
Quando una coniglietta passò davanti a lei scortando il bambino fasciato e la madre, probabilmente diretti al villaggio, Mitsuki notò che Eirin-sensei era uscita dal laboratorio e si alzò, raggiungendola.
-Eirin-sensei!- la chiamò, attirando la sua attenzione -Reisen e Tewi sono in giro?-
-Oh, Mitsuki-chan- Eirin le sorrise mentre puliva delle provette con un panno. -No, non sono qui oggi, ho dato loro una pausa.- spiegò, ponendo le provette su uno scaffale.
-Non sa dove siano? Sto cercando di capire che fine hanno fatto Reimu e tutti quanti, non riesco a trovare più nessuno.- spiegò l'albina, amareggiata.
-Non ne ho idea, io sono impegnata con le visite per cui non ho tempo di indagare.- spiegò la dottoressa, ponendo altre attrezzature al loro posto, oggetti che Mitsuki non aveva idea di cosa fossero: erano metallici e pieni di fili rossi, bianchi e di altri colori scuri.
-La principessa potrebbe saperne qualcosa?- chiese speranzosa.
-Dubito di no, adesso è di là con Higure e non credo che sappia nulla di questa faccenda.- spiegò ancora, sorridendole.
-...Higure? Chi è?- chiese curiosa la ragazzina.
-Oh, già, dimenticavo. Nessuno di importante, tranquilla.- continuò Eirin, sembrava alquanto frettolosa di chiudere l'argomento.
-Beh... grazie comunque.- annuì l'albina, lasciando la dottoressa al suo lavoro.
Si diresse verso l'ingresso, abbastanza perplessa e domandandosi inoltre chi fosse quella Higure di cui non aveva mai sentito parlare. Si bloccò sull'uscio, ricordandosi di aver incontrato di sfuggita una ragazza dai capelli lilla che non aveva mai visto altrove nonostante sentisse una forte energia provenire da lei. Inoltre si rese conto di averla sempre incrociata e adocchiata all'Eientei, per cui doveva abitare lì.
Scosse il capo, c'era davvero molta gente a Gensokyo, youkai compresi, non poteva di certo conoscere tutti. Afferrò la sua scopa e vi montò su, alzandosi in volo e decidendo la sua prossima meta: la Youkai Mountain.
Se fosse successo qualcosa a Gensokyo i tengu dovevano essere i primi a saperlo, con questo pensiero in testa la maga rosa volò rapidamente verso l'accampamento senza nemmeno dar conto che fosse già pomeriggio e non aveva pranzato. Data la situazione non era il caso di perdere tempo a mettere qualcosa sotto i denti ma quando giunse dai Tengu scoprì ben presto che non sapevano nulla.
Inoltre, come se non se lo aspettasse già, Aya non c'era.
-...questa cosa non mi piace per nulla.- affermò l'albina, preoccupata.
Non aveva idea di dove andare, avrebbe voluto contattare Shizuka ma non sapeva ancora dove fosse il Mayoiga. Voleva parlare con qualcuno, doveva assolutamente trovare una persona che conoscesse per cui giunse senza pensarci al tempio Moriya, fiondandosi dentro come un razzo e chiamandone la sacerdotessa con voce alta. La donna dai capelli verdi apparve sull'uscio, spaesata, chiedendosi probabilmente chi fosse ad urlare in quel modo.
-Finalmente qualcuno! Qualcuno c'è!- l'albina per poco non le si gettava tra le braccia nonostante non sopportasse molto quella sacerdotessa a causa delle dicerie sul suo conto riguardo la sua venuta a Gensokyo e un dialogo avvenuto con Reimu l'anno prima.
Ma non le importava, non in quel momento. Era felice che ci fosse qualcuno che conosceva e che potesse aiutarla, dopotutto era una sacerdotessa.
-Ti prego Sanae, aiutami! Sono spariti tutti, non so cosa fare!- la maga rosa era quasi in lacrime, la donna la scrutò perplessa e notò la disperazione della ragazzina ma si limitò ad annuire.
-Non posso ignorare qualcuno che mi viene a chiedere aiuto in questo stato... dimmi cosa è successo.- disse lei con dolcezza, sedendosi sull'uscio del tempio mentre l'albina la imitava sedendosi accanto a lei.
-Stamattina Marisa era uscita presto... ero andata da Mayumi ma non c'era... Reimu al tempio... o Reisen e Tewi... nemmeno Aya-san... cosa sta succedendo?- si asciugò le lacrime, era scoppiata a piangere a causa del forte stress e del non sapere cosa doveva fare.
-Mh... forse è a causa di qualche youkai... chi altro conosci a cui possiamo chiedere?-
Mitsuki osservò la sacerdotessa e ricordò che era giunta a Gensokyo da appena un anno, probabilmente non conosceva molte persone. Pensò chi altri poteva cercare, ricordò di Nitori la kappa che viveva accanto al fiume della montagna ma quando arrivarono lì non riuscirono a trovare il luogo dove vivevano quegli youkai.
Sanae incoraggiò l'albina nel dire qualche altro nome, la ragazzina si ricordò del Sanzu river e le due si diressero volando verso il confine con il regno dei morti.
La shinigami era appisolata sotto ad un albero e non sembrava voler riprendere il suo lavoro. Le due avventuriere atterrarono accanto a lei, svegliandola.
-Dove sono tutti?- ripeté Komachi, stropicciandosi gli occhi -Non ne ho la minima idea...- tornò quindi a dormire proprio come aveva fatto Suika quella mattina.
Il tramonto era ormai prossimo, Mitsuki non era riuscita a trovare né Mystia né Wriggle poiché non sapeva dove abitassero e non si trovavano in giro per la Forest of Magic o per la foresta di Bambù. Anche il Kourindou era vuoto: Rinnosuke doveva essere uscito poiché sulla porta vi era appeso un cartello con scritto “Chiuso”.
Quando il sole stava svanendo all'orizzonte, l'albina si ricordò della youkai dei fiori e degli abitanti del Netherworld. Data la sua poca voglia di andare a cercare Yuuka poiché ne era ancora spaventata dopo l'ultimo incontro, le due si avventurarono nel Netherworld alla ricerca di Youmu e Yuyuko-san, arrivando alla villa giapponese accanto al maestoso albero youkai.
Ma anche cercando in tutte le stanze non vi erano tracce delle due youkai e Mitsuki si lasciò scivolare all'ingresso, demoralizzata e stanca.
-Non demordere ancora, dobbiamo scoprire cosa sta succedendo!- le disse Sanae, cercando di tirarla su per il braccio -Non vuoi che sia capitato qualcosa alla tua amata, giusto?-
A quelle parole l'albina si issò velocemente, riacquistando un po' della sua fiducia e della sua forza.
-Si... devo salvare Marisa... l'ho detto che l'avrei protetta!-
Ripresero il volo tornando a Gensokyo, Mitsuki si era ricordata di una persona, una persona ancora a cui non aveva fatto visita.
Bussò più e più volte alla porta della casetta in stile occidentale, chiamando la burattinaia ad alta voce.
-Alice! Alice! Apri la porta, per favore! E' un'emergenza!- urlò l'albina. La sacerdotessa osservò le finestre e cercò di vedere se qualcuno fosse in casa.
-Mi sembra tutto buio, forse non c'è nemmeno lei.- affermò, scrollando le spalle.
Mitsuki si appoggiò con le spalle alla porta, sconsolata. Sanae la stava osservando con tristezza e le si avvicinò, asciugando una lacrima che aveva rigato il suo volto e mostrandole un sorriso.
-Non abbatterti, combattiamo fino alla fine!- le disse, carezzandole i capelli. -Non sei sola, ti sto aiutando io. Voglio quanto te che le cose tornino come prima assieme alle persone scomparse.-
-Ma cosa facciamo? Non c'è nessuno, più nessuno! C'è solo... forse Patchouli-san, alla Koumakan... e Eirin-sensei all'Eientei...-
-Andiamoci allora.-
Pochi minuti dopo il tramonto la sera stava giungendo come un mantello di tenebre che avanzava nel cielo, oscurando pian piano il rosso della luce che il sole si era lasciato alle spalle.
Quando l'albina giunse al centro della biblioteca non vi trovò nessuno, cercò Patchouli-san in giro per la villa assieme alla sacerdotessa ma non riuscirono a trovare né lei, né Sakuya-san, né la padrona di casa.
Soltanto uscendo dalla magione si rese conto che anche Meiling non c'era più, come non c'era più nemmeno la dottoressa all'Eientei e i coniglietti si limitarono a scrollare le spalle quando venne loro chiesto dove fossero tutti quanti.
-Torniamo al tempio Moriya, chiederò a Kanako-sama se sa qualcosa.- affermò Sanae. Mitsuki annuì e seguì la sacerdotessa nel cielo serale e stellato, giungendo in poco tempo nell'edificio e cercando in lungo e in largo le due dee che lì risiedevano.
-Non è possibile...- affermò dopo, rendendosi conto che anche loro erano sparite. -E' una tragedia...- disse, osservando l'albina che stava iniziando a perdere fiducia in sé stessa. -... Ma non arrendiamoci, cerca di pensare a qualcun altro, su!-
L'albina non poté pensare ad altri che la gente del villaggio. Chi mai poteva aiutarla laggiù?
Erano ancora tutti lì, contadini e negozianti, madri e padri, bambini e ragazzi. Loro non erano spariti, anzi, vivevano la loro vita serale tranquillamente come qualsiasi altro giorno della settimana.
Mitsuki pensò di rintracciare Keine-sensei che, ovviamente, non era a casa. Gli altri insegnanti dissero loro che era uscita nel primo pomeriggio con delle borse poiché stava organizzando qualcosa, purtroppo però non seppero dire cosa stava combinando e con chi.
Le due avventuriere, stanche e sconsolate, giunsero infine nella casetta situata nel cuore della Forest of Magic, luogo dove Mitsuki viveva con Marisa. L'albina sperava davvero che qualcuno fosse andato a cercarla, che Marisa fosse tornata, che tutto si fosse sistemato.
Le due si sedettero sull'uscio, constatando che la casa era buia e vuota come tutte le altre in quella triste giornata di fine estate.
E pianse nuovamente.
-Perchè sono spariti tutti? Perchè non sono in grado di aiutarli?- disse tra i singhiozzi mentre Sanae la abbracciava e tentava di consolarla, anche lei abbastanza afflitta per la situazione assurda -Oggi era anche il mio compleanno! Volevo fare una bella festa e stare con i miei amici...- disse lei, stringendosi all'unica persona che aveva trovato e che la stava aiutando con tutto il cuore, rendendosi conto che la sua più grande paura era restare da sola.
All'improvviso, Sanae si staccò da lei e la fissò perplessa.
-...Compleanno...? Festa...?- ripeté, pensierosa.
-Si... è il mio compleanno...- chinò lo sguardo, asciugandosi le lacrime.
-...Oh... no...- Si diede una leggera botta in testa e l'albina la fissò sconcertata. -Oh no! Che idiota!-
-Che... succede? Sanae?- la sacerdotessa si alzò rapidamente e trascinò Mitsuki con sé, costringendola a prendere il volo sulla sua scopa mentre lei, stringendole la mano, la trascinava verso est.
-Sanae!!- non riusciva a capire cosa stava succedendo né dove volesse andare, si limitò a seguirla, rincuorata dal fatto che poteva aver avuto un'altra idea su come uscire da quella situazione.
-Me l'avevano detto, me l'ero completamente scordata!- rispose lei ad alta voce -Cioè, sapevo cosa succedeva ma non sapevo quando... non pensavo che tu saresti venuta da me e mi ero preoccupata perchè stavi piangendo...-
L'albina non capì quelle parole ma fu costretta a fermarsi poiché furono quasi investite da qualcosa che volava più veloce di loro. Quando si guardarono attorno per capire cosa stesse accadendo, notarono Aya-san davanti a loro.
-Ecco dov'è! Ti ho cercata dappertutto!- affermò la tengu, avvicinandosi all'albina e afferrandola da dietro. -Vieni anche tu, attaccati al mio braccio.- disse inoltre alla sacerdotessa.
-Eh? … Ma sei sicura che...-
-Fa come ti dico!- esclamò nervosamente la tengu.
Sanae si attaccò al suo braccio sinistro e la tengu partì.
Durò esattamente due secondi, il tempo di udire un frastuono terribile e di cadere in avanti per ritrovarsi quasi faccia a terra, la scopa le sfuggì di mano e cadde accanto a lei.
Era caduta in ginocchio, si issò per controllare se Sanae stesse bene e la vide accanto ad Aya-san con sguardo imbarazzato.
Fu solo pochi secondi dopo che si accorse realmente dove la tengu le aveva portate: era il tempio Hakurei, che si ergeva di fronte a lei.
Restò immobile nel constatare che c'erano tutti, come se fosse una delle solite feste che si svolgevano al tempio: Reisen, Tewi, la dottoressa Eirin con la principessa e la ragazza dai capelli lilla che doveva essere la famosa Higure; Patchouli-san, Meiling, Sakuya-san e Remilia; Nitori, Hina, Momiji e poi ancora le due dee Kanako e Suwako a cui si stava avvicinando Sanae che si inchinò supplichevole e imbarazzata sotto lo sguardo perplesso e severo della dea del cielo; Keine-sensei, Mokou, Alice, Mystia e Wriggle che la salutavano con grinta; Cirno e Daiyousei assieme alle tre fate pestifere che svolazzavano con bicchieri colmi di sakè; Youmu, Yuyuko-san, Yukari-sama, Ran, Chen e Shizuka con Sou-Ten, accanto a loro c'era anche Rinnosuke.
Ed infine Mayumi, Hana, Natsu, Reimu e Marisa al centro, entrambe adirate e con le braccia incrociate.
-Ma dove diavolo eri finita da zé?- chiese la maga nera avvicinandosi all'albina. -Sono passata da casa un sacco di volte ma non c'eri mai! Dov'è che eri?-
-Dove... ero...- Mitsuki si riprese dallo shock in pochi istanti poiché iniziò subito ad urlare arrabbiata. -DOVE ERO FINITA? TU DOVE ERI FINITA!-
Il suono della sua voce rimbombò per tutto il luogo, c'era solo il canto dei grilli a contrastarla.
-Voi dove eravate finite! Vi abbiamo cercato ovunque per tutto il giorno, pensavamo vi fosse successo qualcosa! Ero preoccupatissima, sono scoppiata a piangere!- continuò, gesticolando. -Nemmeno con Sanae siamo riusciti a venirne a capo, pensavamo fosse opera di qualche youkai e che stesse succedendo qualcosa di terribile!-
Lo sguardo della ragazzina era deformato dalla rabbia e dalla disperazione: nonostante le lacrime e il viso rosso continuava ad urlare come impazzita, sentendosi scivolare fuori tutto ciò che aveva provato nelle ultime ore e solo quando finì di urlare restò ansimante, calmandosi.
Marisa, che era rimasta in silenzio e aveva lasciato che l'albina esternasse le sue emozioni, si avvicinò a lei e l'abbracciò.
-Scusa da zé, non volevamo farti preoccupare...- affermò, staccandosi da lei. -...la prossima volta organizziamo meglio, ok?- ridacchiò, ma l'albina non aveva la forza per ridere e rimase afflitta.
Reimu intanto si era avvicinata alle due con una grande torta ricoperta di panna e cioccolato che la maga rosa fissò con perplessità.
-Buon compleanno, Mitsuki.- disse Reimu, infilandoci una candela simbolica e accendendola.
-...Eh? Cosa...?- era troppo spaesata per capire ciò che realmente stava accadendo ma Marisa le andò dietro e la spinse lentamente, avvicinandola al dolce.
-Esprimi un desiderio e soffia.- le sussurrò all'orecchio stringendole i fianchi.
L'albina chinò il capo e quasi non scoppiò a piangere, si passò le mani tra i capelli, spettinati e tornò a fissare quella candela con tristezza e tanta voglia di scappare via per la brutta figura che aveva fatto.
Non poteva piangere, non era più una ragazzina spaventata dal mondo, debole e ingenua. Si asciugò le lacrime e alzò lo sguardo, osservò Reimu negli occhi e poi tutti i presenti, per poi tornare a quella torta e quella candela, si chinò verso di lei.
'Non voglio più essere sola.'
E soffiò.
Reimu iniziò a battere le mani e con lei molti altri, l'applauso durò solo pochi secondi e l'albina si raddrizzò, incrociando le braccia.
-...Però, la prossima volta, vedete di lasciare un'anima pia che debba tenermi impegnata, diamine! Manco una sorpresa decente sapete fare!- fissò Sanae sottecchi e le sorrise senza farsi notare dagli altri, la sacerdotessa notò il suo sguardo e assunse un'espressione perplessa per poi sorriderle anche lei.
Infine, per concludere la sua affermazione, assunse un'espressione offesa, la sua leggendaria espressione offesa-pucciosa.
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Re: Touhou Shanikusai: Stars & Hearts Carnival [NEW EDITION]
Stage 38 - Il Confine
-Se riesci a sentirmi, ti prego, ascolta ciò che ho da dire!-
Una dolce voce femminile, delicata quanto triste, risvegliò la ragazzina dai suoi sogni più profondi, costringendola a prendere coscienza all'interno del sogno.
Dopo un piccolo verso di stupore, con lo sguardo perplesso e la confusione nella sua testa, la ragazzina dai capelli albini iniziò a mettere a fuoco il mondo che la circondava, un nefasto luogo grigiastro intriso di tristezza e dall'aria pesante. Una fitta nebbia aleggiava attorno a lei, non dandole modo di poter cogliere i particolari.
Mitsuki iniziò a correre nel nulla anche sapendo che non sarebbe giunta da nessuna parte ma con l'intenzione di trovare una fonte di luce o qualcosa di particolare nascosto dalla nebbia. Quella voce echeggiava ancora nella sua testa, la donna che da sempre tentava di chiamarla ormai era chiara e limpida e poteva udire le sfumature dolci della sua voce femminile che acquisivano un tono più triste e supplichevole ogni volta che le parlava.
-Dove sei? Cosa ti succede?- urlò al nulla, ascoltando l'eco che trascinava con sé le sue parole, ripetendole per molte volte prima di svanire attraverso la nebbia.
Si fermò, sconsolata, in un punto che sembrava esattamente uguale a dov'era poco prima. In quel mondo triste e grigio non c'era nulla che poteva farle capire dove si trovasse.
Quando ormai le speranze furono svanite, però, la voce tornò a risuonare forte dalla nebbia.
-Ti prego, io ti chiedo aiuto!-
Mitsuki chiuse gli occhi tentò di capire da dove provenisse quella voce.
-Dove sei?- le chiese, cercando di farla parlare.
-Ti prego, ascolta questa mia supplica...-
Si voltò verso sinistra, la voce sembrava venire da quella direzione. Riprese a correre e continuò per diversi minuti che sembravano infiniti, conscia che si sarebbe potuta svegliare da un momento all'altro. Sapeva di trovarsi nel suo sogno, ormai distingueva bene il potere della Risonanza e comprendeva quando lo stava utilizzando.
Corse per un bel po' prima di notare che la nebbia si stava pian piano diradando e che altre voci femminili si facevano largo dinanzi a sé.
Non si fermò, continuò sempre più velocemente finchè il grigiastro non assunse la forma di un paesaggio con pianure e montagne che si ergevano imponenti sotto un cielo azzurro.
Dopo essersi guardata attorno la nebbia era ormai svanita e Mitsuki intuì il luogo dove si trovava poiché quel paesaggio apparteneva a Gensokyo.
E quando stava ormai rimettendo a posto i tasselli dei suoi ricordi, notò dinanzi a sé due ragazze che conosceva benissimo: Mayumi e Hana.
Le due, che sembravano immerse in una conversazione, si erano voltate verso l'amica appena avevano udito i suoi passi e la stavano osservando stupite mentre questa si avvicinava a loro, anche lei perplessa per la situazione.
-E' il tuo potere, vero?- chiese Mayumi, avvicinandosi alla maga rosa.
-...Il mio potere?- chiese l'albina perplessa. Era abituata a interagire con i suoi sogni e con le persone che sognava, tuttavia Mayumi sembrava alquanto realistica, diversamente dai sogni che faceva di solito.
-La Risonanza!- esclamò l'amica grattandosi il capo -Sono... sveglia, però sto sognando... e adesso ci sei anche tu... anche Hana dice la stessa cosa...-
-Cosa?!- l'albina osservò la maga verde e poi l'amica di infanzia: in effetti sembravano troppo realistiche. Ricordava che le persone con cui viveva un sogno erano più luminescenti e meno definite, tuttavia le due ragazze erano totalmente normali, come se non si trovasse in un sogno bensì nella realtà. -Mayumi ma allora... siete realmente qui?-
-E' quello che ci chiedevamo anche noi!- rispose prontamente Hana, abbracciando l'amica. -E' una sensazione così particolare, capisco di star sognando eppure è tutto così vivido! Sono spaventata...- ammise la ragazza dai capelli corvini, stringendo le mani dell'albina.
-Allora anche voi avete sentito la voce?- chiese Mitsuki, alzando il capo e notando un bagliore circolare, una sorta di sfera luminosa che aleggiava sopra le loro teste con fare irregolare.
-Si, è questa luce qui...- affermò la maga verde, osservandola con perplessità.
Alle loro spalle si udì un forte suono, simile al rumore di un abito squarciato con violenza. Le tre giovani si voltarono rapidamente e spaventate, osservando la donna che lentamente prendeva forma oltre lo squarcio mentre le sue forme si contrastavano e rivelavano la youkai dei confini.
Nessuna delle ragazze fiatò durante quei pochi istanti, restarono ad osservare la donna bionda che alzava il capo e iniziava ad osservare a sua volta le tre con severità, finchè il suo sguardo non si posò sull'albina.
-Ti avevo detto di non sognare.- marcò bene ogni parola.
-Non è a causa mia.- ribatté l'albina, offesa poiché lei stava ancora prendendo i farmaci per non sognare, anche se questi non facevano più alcun effetto.
-La situazione è molto grave, lo capisci?- le chiese ancora, ma non sembrava arrabbiata, era seria e stava palesemente tentando di spaventarla.
-Certo che lo capisco, ma non sono in grado di controllarmi.- spiegò l'albina adirata, finchè non placò la sua rabbia e il suo nervosismo per far spazio ad una domanda che si era posta solo in quel momento. -Ma... tu... hai la Risonanza?-
Yukari nascose il volto dietro il suo ventaglio, chiudendo gli occhi e mostrando un'aria elegante e altezzosa. L'albina scosse il capo incredula e quasi adirata per quella situazione.
-Cioè... mi stai dicendo che anche tu hai il mio potere e sei tu quella che mi aveva detto che ero pericolosa?!-
Yukari chiuse il ventaglio di scatto, riaprendo gli occhi e non distogliendoli dalla ragazzina.
-Non sono io quella che non sa controllare il proprio potere, che si mette in contatto con persone esterne rischiando di mettere Gensokyo in pericolo.-
L'albina si voltò rapidamente, cercando con lo sguardo la luce che la stava evocando: il puntino luminoso si stava dirigendo velocemente verso la pianura, era poco visibile ma lo aveva adocchiato sin da subito poiché continuava a chiamarla anche solo con il suo bagliore.
Iniziò a correre velocemente dietro di lui, confusa e alla ricerca di risposte, udendo i passi delle amiche dietro di lei.
-Se vuoi proseguire, prenditi le tue responsabilità. Potrebbe succederti qualcosa di terribile oltre quella luce.- la voce della donna risuonò severa e decisa, probabilmente voleva smorzare la sicurezza che le ragazzine avevano acquisito in pochi istanti e stava in qualche modo cercando di spaventarle.
L'albina aveva paura, le parole di Yukari risuonarono dure e preoccupanti e dinanzi a sé la luce sembrava allontanarsi e allungarsi lentamente fino a formare una sottile linea bianca mentre il paesaggio si stava oscurando. Stava ormai correndo disperatamente in quel piccolo universo alla ricerca di una risposta, non sapeva nemmeno se le due amiche erano ancora dietro di lei o se le parole di Yukari le avevano spaventate. L'orizzonte bianco nell'oscurità del sogno sembrò ingigantirsi sempre e sempre di più, fino a ricoprire di bianco ogni cosa, compreso il suo corpo e i suoi pensieri.
Bianco, come il soffitto che si ergeva imponente sopra di lei, che squadrò confusa dopo aver aperto gli occhi. Restò nel letto per qualche istante, guardandosi attorno e focalizzando la camera da letto dove dormiva con Marisa. Non voleva alzarsi, si sentiva strana e giù di morale, eppure si issò e si vestì controvoglia, nella sua mente era ancora vivido il sogno appena vissuto e le parole di Yukari le sembravano sempre più spaventose.
Osservò il suo viso allo specchio con tristezza, chiedendosi perchè le stesse capitando tutto ciò.
Era solo una cameriera, una volta.
Nonostante la sua infanzia passata a sfuggire dagli sguardi accusatori e dalle voci messe in giro da Kaname, la ragazzina era cresciuta in un suo mondo chiuso ben lontano da quello reale, con le sole poche nozioni che i genitori le avevano impartito e con pochi amici che a volte riusciva ad incontrare.
Quel mondo si stava man mano espandendo fino ad inglobare la realtà, trascinando con se tutte le emozioni umane che completavano una persona: gioia, tristezza, paura, odio, amore, serenità.
Si era guadagnata quella libertà con tanta foga che adesso aveva paura di essersi spinta troppo oltre, il confine di quel mondo era quasi visibile e presto si sarebbe potuta nuovamente rinchiudere in una cupola di vetro.
Aveva paura.
Amava quelle emozioni che stava vivendo, quella vita incredibile al fianco della sua adorata Marisa, quella vita fatta di avventura, magia e divertimento, mischiati con una buona dose di paura e tristezza.
La paura di tornare sola assieme alla paura di perdere e morire, mischiate con la consapevolezza delle sue capacità e della presenza di sua moglie, rendevano la vita variopinta e più reale di quando era solo triste e annoiata in quella maleodorante casa.
Osservò il viso della donna azzurra che le sorrise dolcemente nel suo riflesso. Mitsuki ricambiò, sapeva che Kagami era dalla sua parte e sarebbe stata sempre con lei, eppure ciò non la aiutava a sentirsi meglio.
Aveva paura del futuro.
Non voleva scrutare oltre, non voleva distruggere quell'equilibrio, voleva che tutto restasse così com'era. Voleva svegliarsi in quel letto, vestirsi e guardarsi allo specchio come stava facendo in quell'istante. Voleva scendere le scale e cercare con lo sguardo la maga nera che puntualmente era china sui libri, seduta sul divano.
Voleva sgattaiolarle dietro con un sorriso divertito, voleva allungare le braccia e coprirle gli occhi con le mani per spaventarla, proprio come in quel momento.
E voleva che Marisa tirasse indietro il capo per guardare la mogliettina che, alle spalle del divano, la osservava dall'alto con lo sguardo dolce che solo Mitsuki poteva fare.
-Ti sei svegliata, pigrona!- la maga nera allungò un braccio e trascinò giù l'albina, tirandola per il colletto e portando il viso al suo per baciarla.
L'albina si staccò e si sedette accanto a lei, osservandola mentre riprendeva a leggere e ogni tanto la fissava sottecchi.
-Che c'è zé?- le chiese curiosa, lisciandole i capelli con le mani.
-Nulla... sono solo un po' pensierosa.-
Si alzò e si avvicinò alla finestra, scrutandone il paesaggio: la Forest of Magic era piena di alberi e misteri, un luogo che aveva imparato a conoscere e ad apprezzare. Passò un dito sul vetro trascinandolo verso il basso, mentre i suoi pensieri non si decidevano ad abbandonarla.
Si sentiva nostalgica e triste, conscia che qualcosa stesse per accadere. Prima o poi Yukari sarebbe piombata in quella casa e l'avrebbe sgridata, o magari non era davvero lei ed era invece solo un sogno, nonostante sia la donna che le sue amiche sembrassero così reali.
Il suo timore per il futuro risiedeva in quella voce, la voce femminile che la chiamava: poteva sentirla chiaramente ma la donna continuava a ripetere quelle parole come se fosse un'invocazione, probabilmente non udiva le risposte dell'albina.
Chi era quella donna? Perchè cercava aiuto così disperatamente? Perchè l'albina riusciva a sentirla?
Era forse in grado di poterla aiutare?
E se la donna fosse stata la misteriosa figura angelica che apparve alla sua nascita?
E se scovandola avrebbe scoperto di più su sé stessa e sul suo futuro?
Ma come poteva mai essere il suo destino? La sua vita sarebbe potuta cambiare, magari in peggio, avrebbe perso tutto ciò che aveva costruito e forse se ne sarebbe pentita.
Era davvero indispensabile ascoltare la preghiera o forse faceva meglio a non sentire e a continuare la sua vita come se niente fosse?
Sentì Marisa abbracciarla da dietro, la strinse con dolcezza e poggiò il capo sulla sua spalla.
-Nee, 'Tsuki... sei strana stamattina.- affermò con voce bassa.
-Scusami 'Hoshi... sono confusa.-
-Cosa ti turba? Non vuoi dirlo a tua moglie da zé?-
-E' solo... riguardo me stessa.-
-Mh... ti riferisci al racconto dei tuoi genitori?-
-Voglio capire chi e cosa sono...-
-Ma non è ovvio? Tu sei Mitsuki. Kirisame Mitsuki, zé.- diede un leggero bacio sul collo della sua consorte. -Sei mia moglie e la mia allieva.-
Mitsuki sorrise, parve rincuorarsi, eppure non riusciva ad essere completamente tranquilla.
-Se ci fosse una persona in difficoltà... l'aiuteresti?-
-Certo zé, perchè non dovrei? Magari me ne torna anche qualcosa di buono.- L'albina scoppiò a ridere sotto lo sguardo perplesso della moglie. -Cosa c'è da zé? Ho detto qualcosa di strano?-
La sua perplessità durò poco poiché anche la maga nera rise con la moglie.
Fece voltare l'albina e la strinse a sé.
Mitsuki percepì il suo amore e il suo volerla proteggere. Voleva davvero buttare all'aria tutto ciò che avevano creato assieme? Erano ormai sposate da tre mesi, tra di loro andava tutto bene e sarebbe andato ancora bene finchè l'avesse amata e finchè Marisa amava lei.
Eppure c'era quella luce a dividerle, quel bagliore supplichevole che poteva dare all'albina qualcosa che lei stava cercando: una risposta.
Era inutile mentire, Mitsuki voleva sapere. Voleva capire chi era in realtà, voleva scoprire cos'era il Melodic Prism, voleva incontrare la donna che apparve ai suoi genitori e voleva vivere con le sue risposte.
Ma quanto avrebbe vissuto in quel modo? Vivere consciamente sarebbe stato meglio oppure avrebbe dovuto sacrificare tutto per la verità?
Come poteva saperlo, lei, che era solo una ragazzina che fino a due anni prima non era mai uscita di casa e aveva solo lavorato in un ristorante?
Quando alzò il capo e vide il viso dolce di Marisa la guardò nei suoi profondi occhi ambra e ne rimase così incantata che pianse. Le lacrime violarono il suo viso con prepotenza, i ricordi passati con lei si fecero nitidi nella sua memoria come se stesse per morire da un momento all'altro.
Eppure, anche se Marisa le asciugava le lacrime e la tranquillizzava, sentiva una morsa al petto che si faceva sempre più distinta.
In quell'istante sentì una voce chiara e malinconica che proveniva dalla casa, ma al contempo sembrava venire da fuori. La voce assomigliava alla sua, anzi, sembrava fosse lei a parlare.
Sembrava che il suo cuore stesse parlando e le sue parole echeggiavano nella stanza che le circondava.
“Non farlo, Mitsu. Non cercare risposte, scegli di restare con lei.”
Si era nuovamente tuffata tra le sue braccia, per qualche minuto ancora, ripetendosi quelle parole che sembravano prive di significato. Non doveva necessariamente perdere Marisa, avrebbe trovato le sue risposte assieme alla sua adorata.
Alzò il capo e si staccò, osservandola.
-...Se mi dovesse succedere qualcosa all'improvviso, tu verrai a cercarmi, vero?-
Marisa la fissò perplessa, le diede un buffetto sul capo e sorrise.
-Certo, baka. Ti verrei a cercare in capo al mondo da zé.-
Adesso era più serena, felice e pronta.
Si gettò tra le sue labbra per qualche istante e poi si staccò, dando una veloce occhiata all'orologio. Erano le dieci, pensava di passare alla Koumakan per incontrare Mayumi, voleva discutere sul sogno e chiederle inoltre se fosse stata davvero lì, come aveva ipotizzato all'inizio.
Si allontanò lentamente, prese la sua scopa e spalancò la porta, voltandosi indietro e osservando Marisa che la stava fissando con aria seria.
-...Torni per l'ora di pranzo, vero?- chiese.
Sentì una strana fitta al cuore, ma scosse il capo e sorrise energicamente.
-Farò di tutto per tornare il prima possibile!- esclamò, chiudendo lentamente la porta.
Più il portone si socchiudeva, più sentiva quella casa allontanarsi da lei: era come se se ne stesse andando per sempre.
Non era quello ciò che voleva, il suo obiettivo era parlare con Mayumi e tornare in tempo per preparare uno squisito pranzetto per l'amata, per cui chiuse completamente la porta e si voltò, portandosi in groppa alla sua scopa.
Si voltò, osservando le finestre dell'abitazione dove per un istante le parve di vedere il suo riflesso, anche se leggermente sfocato.
Scosse il capo, seria e decisa su ciò che doveva fare, si alzò in volo e si librò fino a raggiungere una buona altezza, scrutando Gensokyo dall'alto.
Quel luogo magico e illusorio dov'era nata e che aveva sempre amato... voleva proteggerlo. Stava facendo qualcosa di sbagliato e Yukari era arrabbiata con lei, doveva intervenire per evitare che accadesse nuovamente.
E la vide, lì, precisa e delineata: una frattura nel cielo.
La sua tranquillità si tramutò in terrore, puntò la scopa e partì, dirigendosi senza indugi verso quel paesaggio, cercando il punto preciso dove nascesse quella linea.
“Lo sapevo... avrei voluto fermarmi, sarei dovuta restare con Marisa... ma non ho potuto. Perchè alla fine è questo il mio destino e nulla potrà cambiarlo, nemmeno il mio volere o il mio amore.”
Planò verso la pianura che si ergeva sotto la frattura, notando di non essere sola. Non se lo aspettava, anche se aveva iniziato a sospettarlo: Mayumi e Hana si trovavano lì sotto, confuse e preoccupate, accanto a loro vi erano anche Natsu e Tsubasa.
Smontò da scopa con rapidità, avvicinandosi a Mayumi e osservando dapprima gli amici, poi l'incrinatura.
-E' il paesaggio del sogno...- fece notare la maga verde, mostrando all'albina le montagne e il luogo circostante.
-Allora era davvero così... tu e Hana eravate...- l'albina spostò l'attenzione sull'amica dai capelli corvini che annuì. -Ma Natsu... e Tsu...?-
-Ero spaventata, ne stavo parlando con loro quando Mayumi è venuta da me e siamo corsi qui!- spiegò l'amica, stringendosi a Mitsuki.
-Pensavo ci fosse Yukari-sama da te.- disse Mayumi, preoccupata -Per questo non sono venuta... l'hai vista? Cosa è successo?-
-No, no... non è venuta...- scosse il capo, perplessa. Anche lei si aspettava una visita da Yukari. -Ma allora anche lei ha la Risonanza, davvero...-
-Ehi, qui crepa si fa più profonda, che succede?- Natsu indicò la linea che continuava a spezzarsi in più punti, mentre una luce bianca fuoriusciva dal bordo.
-La luce, quella del sogno, è là!- Mitsuki indicò il bagliore che illuminava la crepa che iniziò all'improvviso a fuoriuscire in enorme quantità, lasciando stupiti i ragazzi.
Una forte luce aveva invaso la zona circostante e i cinque erano quasi rimasti accecati, la luce parve invaderli così come accadde nel sogno e il Melodic Prism di Mitsuki iniziò a reagire a quel bagliore, illuminandosi anche lui ma ad intermittenza.
-Mitsuki!-
L'albina si voltò di scatto appena udì la voce, notò la sacerdotessa Hakurei e Yukari poco distanti da loro che si avvicinavano lentamente, anche loro semi-accecate dalla luce.
Reimu tese la mano verso l'albina, che la osservò sconcertata.
-Dammi la mano! Avanti!- le disse.
La maga rosa osservò dapprima i suoi amici, spaventati e confusi, poi il bagliore che aumentava sempre di più.
-Mitsuki!- incalzò Reimu. Yukari era rimasta in silenzio dietro di lei ad osservare con serietà ciò che stava accadendo.
-Ricordi cosa ti ho detto, vero?- si limitò a dire la youkai dei confini. -Sei responsabile delle tue scelte.-
-Io non voglio che Gensokyo venga distrutta!- urlò l'albina alle due donne.
-Va tutto bene, stiamo per risanare la barriera.- spiegò la sacerdotessa, con la mano ancora tesa verso l'albina. -Dammi la mano o la luce ti trascinerà via!-
-Reimu... ma tu...- stava quasi per piangere, nel suo cuore sentiva di voler allungare la sua mano e di stringere quella di Reimu.
-Mitsuki...- la sacerdotessa la fissò seriamente mentre tentava di avvicinarsi -Ho detto che ti avrei protetta, questo è il posto migliore per te, con Marisa e tutti.-
-Ma Gensokyo... quello che sta accadendo.-
-Stai tranquilla, ci penserò io!- disse Reimu, annuendo -Ho la responsabilità di Gensokyo e di tutti gli umani.- proseguì, decisa -E tu sei un'umana, Mitsuki.-
-Io... sono un'umana...- ripeté la frase come se fosse qualcosa di insolito per poi comprenderne realmente il senso. -E' vero... io sono un'umana come tutti gli altri!- esclamò, abbozzando un sorriso che Reimu ricambiò.
Allungò la mano verso la sacerdotessa e tese l'altra dietro di sé per fare in modo che anche Mayumi, Hana, Natsu e Tsubasa potessero essere uniti e non venissero trascinati via.
Reimu si protese ancora, avvicinandosi più che poteva poiché sembrava che qualcosa la stesse sospingendo via, si sforzò per andare contro il getto contrario e tentò di afferrare la mano dell'albina quando la luce si fece più intensa e impossibile da guardare, costringendo i presenti a chiudere gli occhi per non rimanerne accecati.
L'albina fece un salto in avanti, sfiorò le dita della sacerdotessa che parve chiamarla, eppure non sentì.
Il rumore era forte e rimbombava come se fossero in mezzo ad un'esplosione e poi tutto si oscurò e divenne nero.
Reimu riaprì gli occhi, si ritrovò con la mano protesa, alzò lo sguardo e notò la frattura poco marcata che stava lentamente svanendo poiché Yukari stava procedendo a risanare la barriera.
-...No...- sussurrò la sacerdotessa, osservando il paesaggio tranquillo come se non fosse mai successo nulla e abbassando lentamente il braccio. -...no.-
-Si.- disse Yukari, avvicinandosi alla sacerdotessa. -Lo sapevamo ed è successo.-
-Bisogna fermarlo... tu lo conosci, no?- chiese Reimu, scuotendo il capo incredula. -Dovresti tornare da quella tizia alata e chiederle ulteriori informazioni.-
-Non ne ho intenzione. Adesso che è lì non è più sotto la nostra giurisdizione.- spiegò la donna, incrociando le braccia. -Ho tentato di fermarla ma non mi ascoltato. Vada come vada, la responsabilità è sua.-
-Nessuno può lasciare Gensokyo, Yukari.- la fissò con severità.
-...Vedrò, ma se l'è scelto lei.- squarciò l'aria con l'indice e aprì il varco. -...tu provvedi a quella maga nera.-
-Oh Dèi... Marisa. E cosa le dico, adesso?-
Rimase da sola in quel silenzioso e tranquillo paesaggio.
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Re: Touhou Shanikusai: Stars & Hearts Carnival [NEW EDITION]
A) Me l'aspettavo, il finale alla "alice's bithday" di walfas, ciò che non mi aspettavo è... SANAE?!
hai fatto progressi, sono fiero di te!...a differenza mia che mi accanisco sui pg che odio (nella fanfic Flandre non dovrebbe manco fare un cameo, fortunatamente)
B) TRAGICO... MI PIACEEEEE
VOGLIO IL SEGUITO
(e finalmente che è nel mondo esterno so che a gensokyo si svolgerà SA *w*<3)
hai fatto progressi, sono fiero di te!...a differenza mia che mi accanisco sui pg che odio (nella fanfic Flandre non dovrebbe manco fare un cameo, fortunatamente)
B) TRAGICO... MI PIACEEEEE
VOGLIO IL SEGUITO
(e finalmente che è nel mondo esterno so che a gensokyo si svolgerà SA *w*<3)
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Re: Touhou Shanikusai: Stars & Hearts Carnival [NEW EDITION]
Stage 39 - La Sacerdotessa
Un’immensa luce bianca aveva avvolto quel sacro luogo: emanava un tepore nostalgico e sembrava placare gli animi e donare tranquillità. Non era possibile scrutare oltre il proprio naso per capire dove fossero giunti, bisognava attendere che la luce si offuscasse per notare alcuni ragazzi stesi sul gelido pavimento piastrellato di quella che sembrava una chiesa occidentale.
Una donna dai lunghi capelli biondi, che assomigliava quasi ad un angelo, si era chinata sui giovani svenuti che poco a poco sembravano riprendere conoscenza.
-State bene?- la dolce voce sembrò sfiorare i cinque giovani che iniziarono a issarsi confusi e sconvolti.
La giovane ragazza dai capelli scuri si issò per prima, alzandosi rapidamente per poi fermarsi a fissare le due figure che aveva dinanzi a sé: una splendida donna dall’aspetto angelico che indossava un abito giallo e beige e portava al collo un crocifisso di quelli cristiani; accanto a lei ma tre passi più indietro vi era un giovane ragazzo dai capelli rossicci disordinati, indossava un mantello marrone che copriva una camicia bianca e un pantalone azzurrino.
Il ragazzo restò perplesso ad osservare la scena, non sapeva se muoversi o meno poiché era intimorito dalla presenza dei cinque estranei appena arrivati dal nulla. D’altro canto, la giovane donna si issò e salutò con un inchino i presenti ancora scombussolati ma soltanto la ragazzina di fronte a lei poté notare con chiarezza il gesto educato.
-Cosa succede… chi sei?- chiese Hana, lisciandosi i capelli con fare nervoso. Era insospettita dai due ma sembrava aver intuito che entrambi dovevano essere coloro che li avevano evocati.
-Mi dispiace avervi trascinato fin qui, avevo bisogno di aiuto… abbiamo bisogno di aiuto.- spiegò la donna, affrettandosi a tirare su una ragazza accanto a lei che sembrava barcollare.
-Ma porca… mi viene da rimettere…- Natsu si aggrappò alla donna per evitare di cadere.
-Ti senti bene? Mi dispiace.- le disse.
-Chi siete? … dove siamo?- Tsubasa si posizionò davanti ad Hana, scrutando con sospetto la donna e il giovane dall’aria da teppista.
-Beh, cinque tizi random appaiono dal nulla alla base, ci mancano solo che piovano pulcini.- il ragazzetto si appoggiò ad una panca in legno rovinata e ticchettò nervosamente le dita su di questa, osservando la scena annoiato.
-Ma Alex, la tua educazione si è presa una vacanza?- la donna scosse il capo contrariata, mentre le ultime due ragazzine si alzavano aiutandosi a vicenda.
-Oh, questa voce!- esclamò Mayumi, indicando la donna alla ragazzina albina che stava sorreggendo e che era immersa in un’accurata ispezione del luogo.
-La mia voce ha qualcosa che non va, signorina?- chiese, osservando i presenti che sembravano fissarla spaesati.
L’albina si voltò finalmente verso i due individui e sembrò in quel momento notare la donna e riconoscerne la voce.
-Oh cavolo, ma sei tu!- la indicò, staccandosi dalla maga verde e cercando di avvicinarsi alla donna bionda, tuttavia Tsubasa le afferrò un braccio, costringendola a fermarsi.
-Mitsu, attenta! Potrebbero essere pericolosi!- Il ragazzo si sorprese quando l’albina scosse il capo e tirò via il braccio dalla presa.
-Ma no, è la donna che ci chiamava, ricordi? Ha bisogno di noi!- affermò, voltandosi verso di lei.
La donna si inchinò nuovamente.
-Esatto, il mio nome è Elizabeth Clearway e cercavo proprio il vostro aiuto.- spiegò la donna, esibendo un sorriso angelico.
-Ely… ma sono affidabili ‘sti qua?- il ragazzetto rosso si pulì l’orecchio con rozzità.
-Alex… fa’ penitenza. E voi…- si voltò subito verso gli ospiti subito dopo aver notato la smorfia del giovane –Venite in sala da pranzo. Avrete fame, scommetto.-
Scortò i cinque malcapitati in una stanzetta adiacente e li fece accomodare attorno ad un tavolo in marmo. Natsu si gettò letteralmente sulla sedia, tra Hana e Mitsuki, osservando quella saletta con curiosità.
-Ma che diavolo di posto è mai questo?- chiese, appoggiandosi sul tavolo e tornando ad osservare la donna bionda.
-E’ una vecchia chiesa abbandonata, la nostra base.- spiegò Elizabeth, mentre rientrava nella stanza con un cesto colmo di panini su cui le tre ragazze, a parte Hana, si precipitarono.
-Ehi ehi… potrebbero essere velenosi…- bisbigliò Tsubasa a Mayumi, che scrollò le spalle e ingoiò un pezzo di pane.
-E’ ottimo, non se ne trovano così a Gensokyo.-
La donna si accomodò di fronte ai ragazzi, scrutandoli silenziosamente e soffermandosi spesso a guardare Hana, la quale ricambiò lo sguardo pensieroso. In quel momento, Alex si affacciò nella saletta e si gettò sulla sedia, afferrando un panino e divorandolo controvoglia.
-Dunque… innanzitutto dovrei spiegarvi perché siete qui…-
-Sarebbe carino, dato il disturbo che si è presa nel trasportarci qui.- spiegò Hana, incrociando le braccia.
-Dammi pure del tu.- intervenne Elizabeth, prima di continuare –Comunque non ho evocato precisamente voi, ho solo pregato il mio dio affinché mi desse un aiuto per salvare persone innocenti.-
-Il tuo dio? Sei una sacerdotessa?- chiese Tsubasa, ancora sospettoso.
-Una sacerdotessa della luce…-
-Una suora.- intervenne Mayumi, ingoiando un boccone. –La croce, no?- indicò il petto della donna che sorrise e annuì.
-Precisamente, si.-
-Aw, non conosco questa religione ma ne ho letto.- disse l’albina, scrutando la donna –Sei tu che infestavi i miei sogni chiedendomi aiuto, no? Chi devi proteggere?-
-Un po’ tutti.-
-Sei vaga.- disse Hana, scuotendo il capo.
-Dipende da chi attaccherà.- spiegò lei, sorridendo. –Non possiamo saperlo.-
-Chi attacca chi?- Tsubasa sembrò perplesso dalla spiegazione ma il suo interesse sembrava aumentare.
-Quel tenebral.- intervenne Alex, annoiato.
-Un tenebral? Siamo sicuri?- Mayumi si appoggiò al tavolo, piegandosi in avanti per fissare bene i due ragazzi. –Qui, sul piano terrestre?-
-Sono rimasta sconcertata anche io.- disse la donna, osservando la maga negli occhi. –Non è normale che una creatura infernale vaghi sul piano terrestre, non è nemmeno solo.-
-Ehi fermi tutti.- Natsu agitò le braccia per avere l’attenzione dei presenti. –Cosa diavolo è un tenebral?-
-Il contrario di un celestial.- spiegò la donna, sorridendo alla vivacità della ragazzina.
-Hai presente Tenshi? Ecco, il suo contrario.- spiegò Mayumi, afferrando un altro panino.
-Oh santa Reimu… scherzi?- Natsu fissò Mayumi con uno sguardo preoccupato.
-Comunque… questi tenebral sono pericolosi poiché attaccano le persone e ultimamente sembrano essere anche più aggressivi.- continuò la sacerdotessa, alzandosi e afferrando una teiera dal mobile accanto al tavolo.
-Quindi tu hai chiesto aiuto e siamo apparsi noi qui… giusto?- chiese Hana, probabilmente la risposta era proprio quella.
-Ehi ma aspettate, siamo nel Mondo Esterno?- Mitsuki sembrò risvegliarsi dopo essersi divorata tre panini. Si guardò attorno confusa, notando la struttura del luogo diversa dalle classiche case giapponesi di Gensokyo, tuttavia notò una rassomiglianza con la Koumakan.
-Buon giorno.- Hana si voltò verso l’amica mentre Mayumi le diede due pacche sulla schiena. –Bentornata sulla Terra, cara.-
L’albina si voltò qua e là con sguardo confuso mentre l’atmosfera si riempì di sorrisi e risate.
-Non farci caso, è la più stupida qui.- disse Natsu, scansando un pugno dell’amica innervosita dalla sua affermazione.
Elizabeth osservò i cinque con curiosità, ridacchiando per le battute e per la vivacità.
-Dunque… da dove venite?-
Hana e Tsubasa furono gli unici a parlare, Mayumi era rimasta in silenzio a riflettere sui tenebral ed era davvero preoccupata per la situazione, pareva essere l’unica a conoscere seriamente quella razza e a temerla.
Natsu addentò con fame un altro panino e ascoltò con interesse il racconto dei due amici mentre Mitsuki beveva il tè versato dalla sacerdotessa, guardandosi intorno e immaginando un mondo nuovo e diverso da Gensokyo.
Alex e Elizabeth, intanto, ascoltarono curiosi e interessati la storia che i due ragazzi stavano raccontando: una regione magica piena di creature pericolose e con un solo villaggio umano, una sacerdotessa scintoista che li proteggeva e un gioco chiamato danmaku battle. Per loro sembrava un qualsiasi gioco di ruolo, in realtà quel luogo esisteva realmente e Elizabeth aveva evocato cinque ragazzi provenienti da quella regione misteriosa che adesso erano lì, in balia di un mondo mai visto e probabilmente dispersi in una tecnologia soffocante che poteva spaventarli.
-Ma è già così tardi?- Alex osservò l’orologio, erano già le cinque del pomeriggio e i ragazzi erano abbastanza stanchi per il viaggio dimensionale e per le immense spiegazioni. Erano anche confusi e spaesati, per cui Elizabeth pensò bene di farli riposare.
-C’è il dormitorio qui, vi dormivano i frati molti secoli orsono.- spiegò la donna, mostrando gli enormi stanzoni nell’ala ovest della chiesa. –Sono in ottimo stato, li abbiamo puliti e sistemati.-
Mostrò alcune stanze che avevano tre letti ciascuna, le mura erano in pietra ma il luogo era pulito e non c’erano tracce di ragnatele o polvere. I letti avevano lenzuola nuove e fresche e il legno non era marcio. C’erano anche dei comodini con delle lampade a olio e una finestra abbastanza grande, dai vetri puliti e intatti ma priva di tende.
-Possiamo dividerci.- disse Hana, osservando le stanze con curiosità. –Io dormo con Mitsuki, Natsu con Mayumi e Tsubasa in una stanza a parte.-
-Se vuoi puoi dormire con me.- disse Elizabeth, indicando con il capo una stanza adiacente. –Sono tutte stanze con tre posti, puoi lasciare loro tre in una stanza e visto che io ho spazio nella mia…-
La ragazzina fissò seria la donna sorridente: non aveva idea di cosa pensasse ma si fidava poco di lei o delle sue intenzioni. Aveva continuato a fissarla per tutto il giorno e non aveva idea del perché né di cosa volesse da lei.
Scosse il capo.
-No, non mi fido a lasciare Natsu e Mitsu nella stessa stanza, potrebbero prendersi a pugni.- affermò Hana, ridacchiando in risposta agli sguardi perplessi delle due ragazze.
-Allora Natsu può dormire con me.- intervenne nuovamente Elizabeth. –Se vuole, altrimenti non manchiamo di stanze…-
L’interessata alzò le spalle ed entrò nella stanza della sacerdotessa: era uguale alle altre stanze eccetto per una valigia accanto al letto e delle vesti poggiate su una sedia in legno.
-Visto che dovremo collaborare, Tsubasa-kun può dormire in stanza con Alex-kun.- intervenne Mayumi, mentre entrava nella stanza che avrebbe condiviso con Mitsuki e Hana.
I due ragazzi si guardarono disgustati.
-Senti, Hana-chan…- la sacerdotessa le si avvicinò, pensierosa –Ti andrebbe di dedicarmi qualche minuto?-
Lo sapeva, se lo sentiva. Scrollò le spalle e decise di accettare la proposta, pensando di poter finalmente venire a conoscenza delle intenzioni della donna.
Le due si allontanarono dai ragazzi in fase di sistemazione, Elizabeth scortò una stanca Hana verso il retro della chiesa, su una piccola rupe che dava sul cimitero.
-So che sei esausta, ma ho bisogno di discutere con te riguardo alcune questioni.- spiegò la donna, sedendosi su un muretto in marmo sul ciglio della rupe.
-Dimmi, di cosa dobbiamo parlare?- chiese Hana, sedendosi accanto alla sacerdotessa.
-Io credo che Dio mi abbia inviato te perché sei una persona speciale.- spiegò la donna, attirando l’attenzione della ragazzina che la fissò perplessa –Sento in te dei poteri sconosciuti, potresti esserci di grande aiuto contro i tenebral.-
Hana scosse il capo, sicura che la stesse prendendo in giro.
-Tra noi cinque hai scelto proprio me che sono un’umana.- spiegò lei, sorridendo –Mi spiace deluderti ma non ho alcun potere, né io né Natsu sappiamo far nulla… magari c’è Tsubasa che sa tirar di spada.-
-Spada, dici?- l’affermazione della ragazzina sembrò interessare la sacerdotessa –Forse potremmo fare qualcosa per lui…- fissò dinanzi a sé con lo sguardo perso nel vuoto per pochi istanti, prima di risvegliarsi e di tornare al discorso –Ad ogni modo, anche gli esseri umani hanno delle predisposizioni e io sono sicura che tu potresti diventare una grande sacerdotessa.-
La ragazzina sembrò scettica a quelle affermazioni, scosse il capo e si alzò, fissando senza interesse le lapidi in marmo.
-Non è di mio interesse, ti ringrazio comunque.-
Anche Elizabeth si alzò e la affiancò.
-Non mi credi?-
-Beh… non voglio diventare una sacerdotessa.-
-Come mai?-
-…Le sacerdotesse fanno voto di castità, no?-
La donna si voltò verso la ragazzina con l’espressione di chi avesse appena capito tutto.
-Mh… però puoi destreggiarti con infusi e piante. Hai mai provato?-
Hana la osservò, l’espressione della donna era seria e non sembrava stesse scherzando.
-No… ma ho letto qualche libro che aveva Mitsuki…-
-Beh, se ti và potrei aiutarti a diventare un’alchimista dei fiori.-
-Ci… ci penserò, grazie.-
La donna si allontanò diretta alla chiesa, lasciando Hana sulla rupe, immersa nei suoi pensieri.
Poteva essere l’inizio di una nuova vita o forse gli dèi le avevano dato un nuovo destino, così come era accaduto a Mitsuki e come aveva sempre sperato accadesse anche a lei.
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Re: Touhou Shanikusai: Stars & Hearts Carnival [NEW EDITION]
*_* TENEBRAL
contrario di Tenshi?... allora costruiscono case! XDXD
by the way, la battuta sulla castità è... EPICA
contrario di Tenshi?... allora costruiscono case! XDXD
by the way, la battuta sulla castità è... EPICA
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Re: Touhou Shanikusai: Stars & Hearts Carnival [NEW EDITION]
lolArcHeart ha scritto:*_* TENEBRAL
contrario di Tenshi?... allora costruiscono case! XDXD
by the way, la battuta sulla castità è... EPICA
comunque,finalmente!abbiamo scoperto di chi era la voce,non me lo sarei mai aspettato.
non vedo l'ora che incominci questa parte òwòno ce ne saranno altri! E ci sarà anche il "cattivo" anche se mi sembra riduttivo definirlo cattivo, diciamo che ci sarano rogne, ecco xD
Spoiler! :